Università Bergamo-Harvard
Scambio di docenti con gli Usa

Si sono conquistati dieci minuti per presentare l'Università degli studi di Bergamo a Boston, nel tempio di Harvard e del Mit (Massachusetts institute of technology). Hanno preparato sei slide di un power point in cui raccontare i punti di forza di Bergamo.

Si sono conquistati dieci minuti per presentare l'Università degli studi di Bergamo a Boston, nel tempio di Harvard e del Mit (Massachusetts institute of technology). Hanno preparato sei slide di un power point in cui raccontare i punti di forza di Bergamo e del suo ateneo nel distretto universitario più avanzato del mondo. Quello, giusto per fare due nomi, dove si sono laureati Barack Obama e Mark Zuckerberg.

Un prezioso contatto aperto dalla presenza dell'antropologa culturale Cristina Grasseni, ricercatrice dell'Università di Bergamo attualmente a Boston presso il Radcliffe institute for advanced institute di Harvard University. Dieci minuti che hanno fruttato a Bergamo l'avvio di una preziosa collaborazione su due ricerche di carattere internazionale, lo scambio di docenti all'interno dei progetti di internazionalizzazione delle lauree specialistiche dell'ateneo orobico e in futuro anche dello scambio tra studenti.

Il rettore Stefano Paleari ha fatto il punto delle opportunità aperte nel recente viaggio a Boston lunedì 16 aprile durante l'incontro con gli studenti all'ex Borsa Merci nel «faccia a faccia» all'interno degli eventi di Unibergamorete. Il viaggio a Boston, non più di una settimana, ha fatto crescere alcune relazioni già maturate in precedenza dall'Università di Bergamo, in particolare rispetto a due ricerche internazionali portate avanti da Silvio Vismara e Michele Meoli, rispettivamente presidente e professore del Ccse (il Cisalpino Institute for Comparative Studies in Europe).

Gli argomenti - hanno spiegato Meoli e Vismara - riguardano l'evoluzione della governance dei sistemi educativi superiori (una ricerca biennale avviata grazie alla Fondazione Cariplo, alla Regione Lombardia e in collaborazione con la Crui) e una ricerca sulle «Smart cities» (tra cui Bergamo) che approfondisce le relazioni tra città e università, finanziata dalla Fondazione Italcementi e coordinata dal Centro studi per il territorio. «Il bello ad Harvard – spiegano Vismara e Meoli – è che c'è una curiosità e un'apertura verso chi viene da tutto il mondo molto alta. Dietro ogni incontro si può aprire una finestra, un'opportunità. Ci hanno ascoltato con molta semplicità».

I bergamaschi hanno descritto le potenzialità di Bergamo: la bellezza storico artistica medievale e la vicinanza all'aeroporto, la collocazione nel distretto industriale e tecnologico lombardo. E poi l'Università, che conta 16 mila studenti (ad Harvard sono 21 mila), con le tre lauree specialistiche in lingua inglese e la presenza crescente di studenti da tutto il mondo.

Leggi di più su L'Eco di martedì 17 aprile

© RIPRODUZIONE RISERVATA