Il vescovo Beschi e il lavoro:
non rassegnamoci a non sognare

Il vescovo Francesco Beschi: «Se qualcosa dobbiamo rimproverarci è di esserci rassegnati rispetto al dovere di sognare, alimentando i nostri sogni all'esperienza della fede. Al sogno di Steve Jobs preferisco quello di Martin Luther King».

Il vescovo Francesco Beschi è intervenuto a conclusione della Scuola di formazione all'impegno socio-politico, proposta dall'Ufficio diocesano per la Pastorale sociale, per una riflessione sul tema «Lavoro e mobilità sociale. Una sfida per la Chiesa oggi».

Un discorso che ha preso origine dal sogno, quello di Giuseppe, la cui storia è raccontata nel libro della Genesi. Giuseppe che sogna e sa interpretare i sogni. «Se qualcosa dobbiamo rimproverarci - ha commentato - è di esserci rassegnati rispetto al dovere di sognare, alimentando i nostri sogni all'esperienza della fede. La Chiesa può essere fucina di sogni in un tempo in cui i sogni scarseggiano».

Steve Jobs invitava ad esser folli - ha continuato monsignor Beschi -. Alla sua follia, pur apprezzandone il genio, preferisco quella di Martin Luther King. Quella di un sogno non individuale e prevalentemente economico, ma collettivo, che include una comunità e costruisce il bene».

Il vescovo ha quindi «pescato» fra le parole più usate in questi tempi, la parola «crescita». «Va bene la crescita economica nel momento in cui si includano condizioni degne dell'uomo - ha precisato -. Gli esiti della crisi non sono solo occupazionali; scontiamo forme mortificanti di concepire la persona umana».

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