In relazione al numero di abitanti la provincia di Bergamo è prima in Lombardia nella triste classifica della presenza di aziende a rischio di incidente rilevante (Arir), che si definiscono come realtà industriali con processi produttivi e di stoccaggio nell’ambito dei quali, un incidente o un imprevisto, possono avere ricadute gravi sulle maestranze, ma anche sulla popolazione civile residente all’esterno degli stessi stabilimenti.I dati che dovrebbero spaventare, e fanno da contraltare alla ricchezza industriale di determinate zone come l’Isola o il polo di Zingonia, sono quelli dell’ultimo piano d’emergenza della Protezione civile provinciale, in fase di revisione. Complessivamente, in terra orobica, sono 24 le aziende con rischio di livello 1 (il più grave), così definito dal decreto 334 del 1999 in base alla quantità, espressa in tonnellate, di sostanze tossiche, esplosive, infiammabili o cancerogene presenti negli stabilimenti. Alla stessa voce la provincia di Milano raggiunge quota 45, su un territorio con una densità abitativa (3 milioni e 800 mila abitanti) e con un’industrializzazione molto più alte (considerando ad esempio l’assenza di territorio montano, che in Bergamasca interessa il 66 per cento dell’intera provincia). Staccate, anche in termini assoluti, Pavia (con 12 aziende a rischio), Brescia (con 11), Mantova (9), Varese (9), Lodi (7), Cremona e Lecco (4), Como (2) e Sondrio, senza alcuno stabilimento pericoloso.(26/06/2005)
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