Il «donatore ritrovato»
grazie a una foto e un sorriso

Pietro Nocchiero, 39 anni, da 18 vive grazie al cuore di Francesco Zani, precipitato con il parapendio Con l'aiuto di un fotografo di Sarnico ora ha incontrato la sorella del giovane che gli ha ridato la vita.

Com'è la vita. Dopo 18 anni sei ancora una volta in un letto nella Cardiochirurgia dei Riuniti. Beh, lo conosci bene quest'ospedale a 980 chilometri da casa. La prima volta sei arrivato qui che avevi tre anni, affidato alle mani fermissime del professor Lucio Parenzan. Il tuo cuore, nato malato, all'età dello sviluppo comincia a mollarti. Entri nella lista dei candidati al trapianto e a 20 anni tocca a te. È il 22 settembre 1993.

A settembre di quest'anno sei di nuovo qui. Non ne puoi più di ospedali, a 39 anni non ne puoi più. La noia, i giorni che non passano mai e insieme la paura costante. Le nascondi dietro il ciuffo nero, le spalle curve, sempre un po' per conto tuo. Fai le parole crociate, silenziosa compagnia di un lungodegente. Certo, papà Rocco non ti lascia mai, ma che fatica 'sta vita.

Poi una mattina arriva un compagno di stanza. Vabbè. Capelli grigi, è di quelli che «i fa mai sito». Garbati, ma così insistenti... Ti tocca girare la testa e incontri quel mezzo sorriso, un sorriso affabile.

Sul lago lo conoscono tutti il Silvano Marini, con l'articolo davanti. Da una vita è fotografo a Sarnico, tipo un po' bizzarro, un sant'uomo. È ai Riuniti per un intervento alle coronarie. Per lui son tutti ragazzi. «C'era in stanza questo ragazzo con la faccia così triste. Si vedeva che è uno che ha sofferto. Così silenzioso». Ma Silvano non molla. Pietro Nocchiero, si chiama, e arriva da Bari per un intervento di colecisti. Roba banale, ma con un cuore nuovo diventa tutto (o quasi) parecchio più complicato.
Cominciano a parlare e dopo qualche giorno Pietro tira fuori un pezzo di carta sgualcito. Racconta: «Il mio cuore era di questo ragazzo, che è morto 18 anni fa». L'immagine è malconcia, fotocopiata tante, tante volte. E ha una lunga storia.

Con papà Rocco, Pietro uscito dall'ospedale con il cuore nuovo aggiustato da quel gigante dei trapianti che è Parenzan, viene all'Eco e s'informa. Riesce a risalire a un nome: Francesco, 25 anni di Paratico. Precipitato con il parapendio, muore dopo due giorni. Un nome, un numero, un paese, due notizie e la fotocopia di una fotografia in bianco e nero. Pietro torna a Bari, la foto se la porta addosso per 18 anni senza saper null'altro. Ristampa l'immagine più e più volte per non perderla mai.

Ai Riuniti la mostra al Marini. «Riuscirebbe a farmela diventare a colori?». Ma gli occhi? Azzurri, neri, verdi? I capelli? Com'era Francesco? Pietro ha il suo cuore, ma non sa altro di lui. Però il Marini sì. Lo conosce quel viso. Conosce la sua mamma, che è una lontana parente. La vita di Pietro accelera in un istante. E riavvolge il nastro a 18 anni fa.

Francesco. È il 20 settembre 1993 e a Paratico c'è la festa dell'oratorio. In programma dal cielo, l'atterraggio di tre ragazzi col parapendio. Due toccano terra regolarmente. Ma qualcosa accade a 100 metri lassù. Francesco si agita nel parapendio, poi precipita e si schianta sul tetto di una casa. Una tragedia. Muore due giorni dopo ai Riuniti.

Pietro. Una vita da sempre in salita. Nasce con una malformazione cardiaca e da anni aspetta un cuore nuovo. Quella chiamata tanto attesa arriva il 22 settembre quando è già quasi notte. A Bergamo lo aspetta il cuore di Francesco. Non c'è tempo da perdere. Pietro sale su un aereo militare, la mattina dopo è nato un'altra volta. Resta ai Riuniti per diversi mesi, poi torna nella sua Puglia. Con se un cuore che batte perfetto e una foto in bianco e nero.
«Pietro – racconta Marini – a un certo punto mi chiede se fosse possibile convertire un'immagine dal bianco e nero al colore, perché lui ne ha una a cui tiene più di ogni cosa. Con i computer oggi 'ste cose si fanno con facilità. Mi dà la foto, la guardo e io quel viso lo conosco».

È di Francesco Zani di Paratico, dall'altra parte del lago. La foto di una tragedia. Marini le ha le immagini di quel bel ragazzo. «Ho pensato subito a come Dio combina le cose nella nostra vita». E non aveva ancora finito. «Ti porto io l'immagine a colori di Francesco – dice Silvano a Pietro – e, se vuoi, provo a metterti in contatto con la sua famiglia». Marini chiama la figlia, cercami il numero degli Zani. Pronto. «Risponde la mamma di Francesco, Anna». «Perché mi chiami?» chiede lei sorpresa. Il fotografo la prende alla larga. «Comincio a spiegargli che sono in ospedale a Bergamo e che il mio compagno di stanza è un giovane trentanovenne. Poi gli dico che 18 anni prima era stato trapiantato. Infine che il cuore è quello di Francesco».

Anna non ce la fa. Troppo dolore. E sembra finita lì. Però il giorno dopo si apre la porta della stanza ai Riuniti ed entra una bella ragazza. Neri, gli occhi di Francesco erano neri. Come quelli di Simona, che è sua sorella. «Gli dico di mettere la mano sul cuore di mio figlio – racconta papà Rocco –, per sentire il battito di suo fratello». Com'è la vita.
Era stata lei, Simona, 18 anni prima, a convincere mamma a dire sì all'espianto degli organi di Francesco. Lui voleva così. Non avrebbe voluto morire senza lasciarsi dietro un po' di vita.

Quella che è tornata negli occhi del ragazzo pugliese. «L'ho visto finalmente felice – dice Marini tutto soddisfatto –, e gli ho detto che quest'incontro non è un traguardo, ma un nuovo inizio. Che quell'unico cuore ha unito due famiglie, per sempre».

Poi il fotografo di Sarnico è uscito dall'ospedale con le coronarie rimesse in sesto ed è tornato al suo lago. Per Pietro è stata molto più lunga. Da quattro mesi è ai Riuniti, perché la cosa della colecisti è stata un altro calvario. Ma per Natale dovrebbe uscire, finalmente, dalla terapia intensiva della Cardiochirurgia («Un reparto meraviglioso – dice papà Rocco –, ringraziamo ogni persona, dagli infermieri ai medici»). Lo aspettano tutti, Pietro. Anche un'altra mamma, che si chiama Anna come la sua.
Anche Anna Tengattini aspetta che Pietro e il suo cuore si ristabiliscano. Poi tocca a lei varcare la stanza dei Riuniti. Tocca a lei tornare a sentire quel battito che oggi, anche per lei, ha un nuovo nome. Conoscerà l'altra signora Anna, la mamma di quel figlio in cui è rinato il suo. Per Natale, magari. Com'è la vita: 18 anni senza Francesco e poi all'improvviso avere lì, a portata di mano, ancora una volta, il suo cuore.




Claudia Mangili e Mario Dometti

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