Atenei, troppo alti i contributi richiesti
Bergamo rischia di risarcire gli studenti

L'Università di Bergamo è al 2° posto tra i 33 atenei italiani «fuorilegge» perchè i contributi richiesti agli studenti hanno superato il tetto massimo nel rapporto con i fondi erogati dallo Stato. Una sentenza del Tar «mette i brividi»: Pavia condannata a risarcire un milione ai propri studenti.

C'è anche l'Università degli Studi di Bergamo tra i 33 atenei italiani considerati «fuorilegge» perchè - come si legge su Il Sole-24 Ore in edicola martedì 22 novembre - hanno superato il tetto massimo nel rapporto tra i contributi versati dagli studenti e il fondo di finanziamento ordinario (Ffo).

Per la verità, più che esserci, l'ateneo di Bergamo è ai vertici della graduatoria, al secondo posto dietro l'Univesità di Urbino, anche se lo scarto percentuale delle due istituzioni è solamente dello 0,1%. A Urbino, infatti, il contributo studentesco complessivo (in milioni di euro) è di 16, 70 con una percentuale rispetto al Ffo pari al 36,6% e i contributi procapire pari a 1.104 euro. A Bergamo, il contributo studentesco complessivo è di 13,01 (in milioni di euro) con una percentuale rispetto al Ffo pari al 16,5 e i contribnuti procapite che ammontano a 836 euro.

Gli atenei «fuorilegge» hanno superato il limite imposto dall'articolo 5 del Dpr 306/1997 in base al quale le università pubbliche non possono raccogliere dai co contributi degli studenti una somma superiore al 20% dell'assegno erogato ogni anno dallo Stato sotto forma di Ffo.

Per la verità, osserva Gianni Trovati su Il Sole-24 Ore, è tutto il sistema universitario italiano ad essere «fuorilegge» perchè le università pubbliche chiedono ai propri iscritti 2 miliardi l'anno, pari al 30%del contributo dello Stato.

Il problema è noto da tempo, ma il Governo non ha mai preso provvedimenti specifici per risolvero. Ora però torna d'attualità dopo che il Tar della Lombardia, nei giorni scorsi, ha condannato l'Università di Pavia a restituire agli studenti i soldi richiesti in eccesso. L'ateneo pavese ha già annunciato ricorso in appello ma la sentenza di primo grado costrebbe alle sue casse un milione di euro, e - sostiene il Sole 24 Ore - se gli studenti di Urbino, Bergamo o Venezia facessero lo stesso dei loro colleghi di Pavia, lo «scherzetto» costerebbe alle casse degli atenei oltre il 15% delle risorse versate dagli studenti.

Bergamo è alle spalle di Urbino, ma precede Venezia, Milano Statale, Varese Insubria, Milano Politecnico, Milano Bicocca, Torino Statale, Venezia Iuav, Bologna, Modena e Reggio Emilia, Napoli Parthenope, Brescia, Verona, Padova, ferrara, Roma III, Chieti e Pescara, Udine, Pavia, catania, Benevento, Parma, Campobasso, Napoli orientale, Pisa, Cassino, Genova, Torino Politecnico, Camerino, Napoli Federico II, Firenze e Perugia.

Due i fenomeni alla base del problema - spiega il quotidiano economico milanese - l'aumento nel corso degli anni dei costi fissi delle università e il «braccio di ferro» sul finanziamento statale che dopo anni di crescita (anche se non per Bergamo...) si è fermato e dal 2009 ha iniziato a ridursi. Così, per arginare il problema, gli atenei hanno calcato la mano sugli studenti. E in prospoettva - se non si porrà mano al problema - le cose non potranno che peggiorare.

Sullo stesso argomento c'è comunque da registrare una recente sentenza del Consiglio di Stato che - in relazione ad un giuidizio emesso dal Tar della Toscana - aveva invece dato ragione alle Università.

Inoltre, per quel che riguarda Bergamo, l'Università fa notare che il percorso dei contributi richiesti agli studenti è stato condiviso con gli studenti stessi e approvato all'unanimità in Consiglio d'Amministrazione, dunque anche dalla componente studentesca.

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