Sicurezza, burqa «sì» burqa «no»
Il consiglio comunale si blocca

Burqa sì, burqa no. Si potrebbe sintetizzare così. Perché, sul regolamento di polizia urbana – la cui discussione è cominciata in Consiglio comunale – le divisioni tra maggioranza e opposizione sono rimaste cristallizzate.

Burqa sì, burqa no. Per semplificare si potrebbe sintetizzare così. Perché, sul regolamento di polizia urbana – la cui discussione è cominciata ieri sera in Consiglio comunale – le divisioni tra maggioranza e opposizione sono rimaste cristallizzate. E tutte legate agli aspetti più politici del documento.

Stasera il voto finale. Il copione è stato rispettato: tutti gli emendamenti avanzati dall'opposizione e non condivisi con la maggioranza sono stati bocciati, primo fra tutti la proposta per sopprimere il divieto di indossare burqa e niqab che la maggioranza ha inserito con finalità di pubblica sicurezza.

«Perché proponiamo la soppressione? Delle due l'una – ha spiegato Roberto Bruni, presentando l'emendamento numero 32 –: o ci si limita a riproporre una norma di legge già esistente, ovvero quella antiterrorismo risalente al 1975, il che è del tutto inutile, oppure se ne vuole estendere la portata applicativa, punendo un atteggiamento che a detta della stessa norma non è punibile: è una cosa assurda».

«Questa disposizione – ha aggiunto Nadia Ghisalberti, sempre Lista Bruni – è sbagliata prima di tutto perché ideologica all'interno di un regolamento dove l'ideologia non dovrebbe esserci. C'è poi da considerare l'aspetto quantitativo del fenomeno che è decisamente contenuto: i dati parlano di sole 100 donne col burqa su 700 mila islamiche presenti in Italia. Vero che se anche una sola di loro fosse obbligata a indossarlo sarebbe giusto aiutarla, ma non capisco come la sanzione di un vigile urbano possa contribuire a migliorarne la situazione».

«Dietro questa richiesta – replica Alberto Ribolla, capogruppo della Lega – c'è la volontà di rivendicare i diritti e la pari dignità della donna. L'integrazione va garantita attraverso la condivisione dei nostri costumi. Chi non vuole questa norma fa il gioco di quanti intendono importare usanze e metodi che nulla hanno a che vedere con il rispetto della donna e della civiltà moderna».

E i rischi? «Ci sono – ribadisce il lumbard Daniele Belotti – basta una veloce ricerca in Internet per scoprire che il burqa è già stato utilizzato durante una rapina a Parma e un'altra a Marsiglia. Un fenomeno che desta preoccupazione e potrebbe aumentare così come la diffusione del velo nella nostra provincia. Meglio regolamentarla».

«Mi pare chiaro – gli fa eco l'assessore alla Sicurezza Cristian Invernizzi – come questa sia una dichiarazione di indirizzo: se poi arriverà una legge specifica dal Parlamento tanto meglio». Per il resto niente di nuovo.

Sui banchi dell'opposizione, prendono atto del bel gesto, gli riconoscono la «disponibilità a un confronto autentico», ma non gliele mandano a dire. Il regolamento tutto «chiacchiere e distintivo» non piace: «L'esercizio muscolare e da vessillo propagandistico della maggioranza – attacca Elena Carnevali, capogruppo del Pd – risponde esclusivamente all'esigenza di marcare il terreno, restituendo, in particolare alla Lega, quella visibilità e quel ritorno agli antichi codici in un momento di perdita di consenso».

«È la scelta delle priorità che ci vede perplessi – aggiunge il collega del Pd Sergio Gandi – e forse il calcolo politico non è nemmeno così azzeccato. Perché negli ultimi quattro anni c'è stata una svolta nel modo di sentire della gente: secondo l'Osservatorio europeo sulla sicurezza, quest'ultimo tema viene al terzo posto, dopo quelli della disoccupazione e dei servizi sociali e sanitari. L'impressione è che tutta questa attenzione sulla sicurezza sia tardiva e paradossale».

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