Cronaca / Bergamo Città
Martedì 20 Settembre 2011
«Los Tiempos»: da voi 20.000 boliviani
Un lettore: Ma cosa si fa per loro?
«A Bergamo un abitante su 6 è di Cochabamba». E' il titolo di un articolo apparso oggi su Los Tiempos di Cochabamba, segnalatoci dal lettore Domenico Paulicelli di Lallio. Nel giornale online si legge che a Bergamo si contano 20.000 boliviani.
«A Bergamo un abitante su 6 è di Cochabamba». E' il titolo di un articolo apparso oggi su Los Tiempos di Cochabamba, segnalatoci dal lettore Domenico Paulicelli di Lallio. Nel giornale online si legge che a Bergamo si contano 20.000 boliviani cochabambini, per lo più donne.
A fronte di ciò - si chiede il lettore - «questa giunta cosa fa per il gemellaggio Bergamo/Cochabamba? Mi sembra ben poco. Le uniche iniziative folcloristiche sono organizzate dagli emigranti stessi, mentre con la gestione Bruni, si fa per dire, le cose andavano meglio al punto che il precedente sindaco si era recato perfino a Cochabamba».
«L'inserimento nelle attività lavorative della comunita boliviana - continua Paulicelli - si fa sempre più difficile sia per il mancato rispetto di noi stessi delle leggi circa l'assunzione di colf e badanti (circa la metà sono ancora in nero, c'e da vergognarsi) sia per l'inasprimento di leggi regionali assurde che limitano l'interessamento degli immigrati regolari a corsi di specializzazione come parruchieri, estetiste ed altro. In pratica da un anno occorre che l'immigrato/a porti all'ambasciata italiana per esempio di Bolivia a La Paz il proprio diploma scolastico, di scuola superiore, per la traduzione in italiano e da quest'ultima vidimato per l'introduzione in Italia, diploma necessario per esempio per fare la scuola di parrucchiera richiesto ad una boliviana di mia conoscenza, assurdo! A parte il diploma superiore è l'iter burocratico che spiazza le possibilità di una persona di migliorare. Non so dove adremo a finire».
A Paulicelli, risponde la lettrice Tina affermando che a proposito dell'iter burocratico «purtroppo è necessario per evitare che clandestini o gente che al proprio paese non ha nessun titolo di studio (stiamo parlando di un Paese in cui c'è ancora un altissimo tasso di persone analfabeti e di bambini che non vanno a scuola) di lavorare. Purtroppo questo periodo di crisi che non da lavoro neanche agli italiani non può gravare anche sulle spalle dei boliviani. Non possiamo certo sempre andare a chiedere aiuto all'amministrazione comunale, che per conto suo ha già grossissimi problemi con i suoi di abitanti, figuriamoci con quelli che non hanno neanche il permesso di soggiorno, che siano boliviani, senegalesi, cinesi o altro. L'unica accortezza, forse, sarebbe di non far entrare extracomunitari nel nostro Paese se non siamo più che sicuri di riuscire a dargli lavoro e casa, trovo infatti deprimente trovare gente che chiede l'elemosina o che vive sotto ai ponti, tanto valeva rimanere al loro paese».
L'articolo su Los Tiempos di Cochabamba è incentrato sul seminario «Processi di migrazione nazionale e internazionale nella città di Cochabamba», là svoltosi, che ha osservato l'elevato grado di migrazione in città europee come Bergamo.
Un dato significativo, secondo Isabel Yepes, coordinatore del progetto di ricerca, soprattutto se si tiene conto che la popolazione di Bergamo è di 120 mila abitanti. Yepes osserva che in questa città ci sono ristoranti, negozi, beni culturali, musica e altri beni dalla Bolivia. Il seminario è stato organizzato per presentare i risultati di uno studio che quantifica per la prima volta la realtà della migrazione boliviana, e rivela che ci sono cinque Paesi che ricevono un maggior numero di boliviani.
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