Cronaca / Bergamo Città
Venerdì 04 Febbraio 2011
«Ci aspettano grandi sfide
ma c'è ritardo nell'affrontarle»
Un occhio alle difficoltà ma anche uno sguardo al futuro pieno di fiducia per l'Università e per quanto potranno fare le nuove generazioni, anche se siamo in ritardo nell'affrontare le sfide che ci attendono. L'Università di Bergamo ha aperto l'Anno Accademico.
Un occhio alle difficoltà - economiche e non - con cui quotidianamente si deve confrontare, ma soprattutto uno sguardo al futuro pieno di fiducia per quello che potrà essere il nuovo ruolo dell'Università nella nostra società e soprattutto per quanto potranno fare le nuove generazioni per migliorare il Paese. Con un ammonimento: «Siamo molto in ritardo rispetto alle sfide che ci attendono».
Si è aperto con queste riflessioni del magnifico rettore, Stefano Paleari, l'Anno Accademico 2010 - 2011 dell'Università degli Studi di Bergamo. La cerimonia siu è svolta al Teatro Sociale di Città Alta.
«Anche la nostra Università - ha sottolineato tra l'altro Paleari, dopo aver ringraziato la Pro Universitate Bergomensi per aver reso possibile l'organizzazione dell'evento e il Comune di Bergamo per aver concesso l'uso del Teatro Sociale - ha visto ridursi i finanziamenti dello Stato per il 2010. Una decisione che si inserisce nella diminuzione delle risorse al sistema universitario pari al 3,7% per il 2010 e in ulteriore contrazione per il prossimo biennio. Peraltro, la comunicazione delle risorse da utilizzare per l'anno appena trascorso è giunta nell'anno successivo, fortunatamente prima di questa giornata. Voglio credere che questo fatto sia riconducibile a quanto avvenuto nel 2010 fino all'approvazione della Riforma dell'Università. Anche per questo, l'anno che si è appena chiuso, potrebbe consegnare al passato un'epoca intera e quello che si apre è probabilmente il primo anno di un nuovo corso».
«Proprio per riconoscere l'importanza di quanto approvato dagli organi legislativi, accettando fino in fondo la sfida della comparazione anche internazionale, - ha ribadito il rettore - chiedo sin da ora un rapporto corretto tra Università e Stato, tra legali rappresentanti della stessa e potere esecutivo. Un rapporto nel quale siano chiari i diritti e i doveri di ciascuno. Anche le cattive notizie, mi riferisco alle risorse, quando note con anticipo e chiarezza, consentono una programmazione e una costruttiva capacità di reazione».
«Il costo annuo per lo Stato dell'Università italiana è di circa 115 euro per abitante. Visto dalla Provincia di Bergamo, l'Università degli Studi di Bergamo costa 35 € all'anno per abitante. Il reddito procapite italiano annuo è superiore ai 24.000 €. E' importante - ha ribadito Paleari -avere questo riferimento. E' giusto infatti ridurre sprechi e inefficienze, giusto adottare un codice etico, giuste tante altre cose che fanno parte di questa nuova Riforma e giuste tante altre che non ci sono, ma se uno Stato non può sostenere 100 € all'anno per persona per avere un sistema di didattica avanzata e di ricerca, é bene che si sfili dai Paesi che hanno ancora qualcosa da dire al mondo. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica nel suo messaggio di fine anno le risorse per la cultura, la scuola e l'Università vanno trovate pur in un quadro di rinnovato rigore delle finanze pubbliche».
«Prima di chiedere un percorso di sostegno economico adeguato - ha chiarito il rettore - è legittimo, tuttavia, domandarsi su quali basi ideali poggi l'Università italiana. Più precisamente: quale ruolo, quali valori e quali politiche. Nello svolgere questo pensiero mi permetterò di confutare quelli che ritengo in gran parte luoghi comuni».
«Con riferimento al ruolo vorrei sottolineare quattro elementi che identificano l'Università nel secolo che si è aperto. Ritengo equo, al riguardo, - ha proseguito il rettore dell'Università di Bergamo - ponderare anche nel tempo queste domande in virtù della storia millenaria degli Atenei, almeno di quelli europei. L'alta formazione e la ricerca rimangono i due aspetti basilari della funzione universitaria. Laddove per alta formazione intendiamo un processo educativo che si realizza mediante l'insegnamento ma che, al tempo stesso, si nutre di una preparazione e di una discussione fiduciaria e di trasmissione del dubbio. Discussione fiduciaria perché come ricordava l'etologo e premio Nobel Konrad Lorenz, il docente ha un atteggiamento che non è mai solo professionale quanto di tipo “alloparentale”, di immedesimazione alla stregua del padre e della madre. In fondo la famiglia affida i suoi figli all'Istituzione educativa che nel linguaggio di Lorenz li adotta. La trasmissione del dubbio è legata all'aspetto della ricerca, della frontiera, dell'orizzonte e della pratica. L'alta formazione non è mai solo una conoscenza che si trasmette attraverso un mezzo, altrimenti la persona umana sarebbe da tempo completamente sostituita dalla tecnologia. Allo stesso tempo, non è mai solo nozione e quindi dichiarare la possibilità di distinguere tra Università vere e proprie e Università “solo didattiche”, è un modo elegante per giustificare le enormi differenze di qualità esistenti tra le Università anglosassoni, dove le prime appunto sono Università, mentre le seconde sono semplicemente un'altra cosa. Il terzo elemento con riferimento al ruolo riguarda il “trasferimento” che noi spesso releghiamo alla sola componente, pur importante, di tipo tecnologico. Si intende in questo caso l'Università come luogo che non si accontenta di rivolgersi ai suoi studenti ma che diffonde il proprio operato al mondo delle imprese e delle professioni, attraverso un reciproco scambio di esperienze. Il quarto, spesso dimenticato, attiene all'Università come Istituzione sociale critica. L'Università è cioè una sede dove si discute dei processi di trasformazione della società, da cui le altre Istituzioni possono trarre linfa. L'Università non si sostituisce ovviamente a chi é preposto al governo ma ne è una bussola, lontana da interessi particolari e dagli inevitabili furori. Governiamo infatti in nome del popolo e non a furor di popolo. Galileo stesso si sfogava dicendo che solo per alzata di mano saremmo ancora tolemaici; l'Università quindi come Istituzione sociale critica al servizio delle altre Istituzioni».
«Se l'Università vuole far convivere alta formazione, ricerca, trasferimento, e bussola sociale - si è poi chiesto Paleari - come deve essere? Cosa deve scegliere? Deve puntare sulla ricerca cosiddetta applicata? Deve essere grande? Deve modellarsi a business school? Dev'essere pubblica, privata, finanziata solo dallo Stato o da altri soggetti? Deve ritornare ad essere elitaria? In altri termini quali sono i valori e le politiche di riferimento? In primo luogo, affinché le funzioni sopra richiamate possano svolgersi adeguatamente occorre che l'Università non sia condizionata e condizionabile da un solo interlocutore, nemmeno dallo Stato. In secondo luogo, occorre che all'autonomia corrisponda una trasparenza nel fare e un rendiconto dell'operato. Ciò premesso, è bene che l'Università, il sistema universitario di un Paese, esprima una sorta di ecosistema, una convivenza di situazioni pur in un quadro di regole di principio comuni. Ne consegue, per rispondere al primo punto che la contrapposizione tra ricerca di base e ricerca applicata è fuorviante. Se dobbiamo riscaldare qualcosa ebbene riscaldiamo i cuori. Cerchiamo fiducia e diamo fiducia. La fiducia, termine che non deve intendersi né come “affidamento cieco” né come atto formale ritirabile in ogni momento. Avere fiducia significa essere attrezzati o muoversi per esserlo per affrontare la vita e il mondo. Possiamo farlo per il sistema educativo, per l'Università, per la Città, per il Paese. Siamo molto in ritardo rispetto alle sfide che ci attendono e questa è la mia unica e grande preoccupazione».
La conclusione è stata affidata ad una frase tratta da un libro che gli studenti dell'Università hanno donato al Rettore in occasione del Natale. Il libro è di Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose ed è quasi una poesia: «Quest'anno ho piantato un viale di tigli, li ho piantati per rendere più bella la terra che lascerò, li ho piantati perché altri si sentano inebriati dal loro profumo come lo sono stato io da quello degli alberi piantati da chi mi ha preceduto. La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo».
La manifestazione aveva preso il via alle 16,30 con un prologo in musica a cura dell'Orchestra «Accademia Symphonica» di Udine e i saluti delle autorità. Quindi, gli interventi del rappresentante degli studenti e del personale tecnicoamministrativo, la celebrazione del ventennale dell'Associazione «Pro Universitate Bergomensi» con la relazione del presidente Emilio Zanetti, e la prolusione del professor Georges Haddad, Directeur de la Division de l'enseignement supérieur de l'Unesco, già Rettore dell'Università Paris 1 Panthéon Sorbonne.
Poi la proclamazione del «Laureato dell'anno» da parte dell'Associazione «Laureati Università di Bergamo» è Nino Di Paolo, Comandante Generale della Guardia di Finanza.
Negli allegati la prolusione del rettore Stefano Paleari, la relazione del presidente della Pro Universitate Bergomensi, Emilio Zanetti, la «lectio» di Georges Haddad e un suo profilo
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