Cronaca / Isola e Valle San Martino
Lunedì 03 Gennaio 2011
Presezzo: 22enne deceduto
otto ore dopo l'incidente
All'inizio le sue ferite non sembravano gravi, tanto da essere trasportato al policlinico di Ponte San Pietro in codice verde. Una volta arrivato all'ospedale, però, le sue condizioni sono rapidamente peggiorate e otto ore dopo è morto
All'inizio le sue ferite non sembravano gravi, tanto da essere trasportato al policlinico di Ponte San Pietro in codice verde. Una volta arrivato all'ospedale, però, le sue condizioni sono rapidamente peggiorate e otto ore dopo è morto, probabilmente a causa di una grave lesione interna.
La vittima è un marocchino di soli 22 anni, Faical Dohri, regolare in Italia e che viveva a Presezzo, in via Vittorio Veneto. E proprio lungo la stessa strada (che è la provinciale 166), domenica 2 gennaio, il giovane immigrato è rimasto coinvolto in un incidente stradale.
Poco dopo mezzogiorno Faical stava infatti percorrendo in sella al suo scooter Ktm la strada che attraversa il centro di Presezzo, quando si è scontrato con un'auto condotta da un connazionale e che procedeva nella stessa direzione.
Dai primi rilievi della stradale di Bergamo pare che il ventiduenne stesse sorpassando l'auto, un'Opel Astra, proprio nell'istante in cui il conducente marocchino della vettura - M. S., di 54 anni, residente a Ponte San Pietro - stava svoltando a sinistra.
La moto è finita contro la fiancata sinistra dell'Astra e Faical Dohri è stato sbalzato di sella, cadendo sull'asfalto. Immediata la richiesta di soccorso, così come l'intervento del 118. Faical è comunque sempre rimasto cosciente: gli sono state riscontrate delle sospette fratture a una spalla e al costato. Niente di serio apparentemente.
L'immigrato è stato quindi trasportato al policlinico di Ponte San Pietro. Col passare delle ore, però, il suo quadro clinico si è aggravato, tanto che alle 15 i medici si sono riservati la prognosi. Il giovane è stato sottoposto a un intervento chirurgico, nel corso del quale è deceduto, attorno alle 20.
Leggi di più su L'Eco di lunedì 3 gennaio
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