«Abbiamo fatto questo perché vogliamo sapere di chi è la colpa e perché è successo. Stiamo soffrendo da gennaio perché la mia bimba ha gravissimi problemi di salute, nonostante durante i 9 mesi della gravidanza non si fossero manifestate anomalie, e mia moglie non potrà più avere figli. Vogliamo capire, tutto qua».
Saimir Zekaj, 38 anni, albanese residente a Dalmine (lavora alla Rea), il padre della piccola Samanta, è un uomo distrutto. Davanti alle telecamere prova a raccontare quei due giorni passati nella sala parto degli Ospedali Riuniti. «Mia moglie Albana - dice - ha cominciato ad accusare dolori forti. Allora hanno fatto un monitoraggio e lì, verso le 20, è arrivata l'ostetrica e ha detto a mia moglie: "Signora, si alzi in piedi che la bimba va giù". Albana era però stanca, s'è riposata un po'. L'ostetrica dopo un po' ha chiesto: "Adesso è pronta (ad alzarsi, ndr)?". In quel momento è arrivata un'altra dottoressa che ha detto: "Non è pronta"».
In quell'istante, secondo Saimir Zekaj, sarebbe scoppiato il presunto litigio tra l'ostetrica e la ginecologa, una diversità di vedute che, stando a quanto contestano i genitori di Samanta, avrebbe contribuito a peggiorare la situazione. «Una diceva a mia moglie "Spinga", l'altra invece suggeriva di non spingere - continua il trentottenne -. Siamo arrivati così al 30 gennaio». Secondo Zekaj, in sala parto tra la ginecologa e l'ostetrica ci sarebbe stata una disputa accesa (per i Riuniti invece no: «In ospedale ci sono molti pettegoli, se fosse accaduta una scenata come quella descritta dal signor Zekaj, si sarebbe saputo dopo 5 minuti alla macchinetta del caffè», confida un dipendente): una delle due avrebbe caldeggiato il parto cesareo, l'altra invece avrebbe insistito per quello naturale.
«Per noi il litigio c'è stato - osserva l'uomo -. Perché a un certo punto è arrivata la dottoressa (lui la chiama sempre così, ma non si sa se è la ginecologa o l'ostetrica, ndr) e ha detto a mia moglie: "Fai il taglio", mentre l'altra diceva "No, non farlo". A quel punto la dottoressa s'è arrabbiata ed è uscita esclamando nei confronti dell'altra: "Allora arrangiati tu". Io in quel momento non pensavo a nulla, solo a mia moglie che continuava a dire "Sto morendo, sto morendo"».
«Io non sono un medico, non capivo che cosa avrebbero dovuto fare. So solo che, oltre che fatale, quel litigio mi ha rovinato la famiglia - continua Zekaj -. La famiglia ormai non ce l'ho più come prima. Anche di notte dobbiamo stare svegli e fare i turni per assistere Samanta. È stata 220 giorni in ospedale e non sappiamo come andrà a finire questa storia. Noi vogliamo sapere solo di chi è la colpa, perché da otto mesi abbiamo una bimba invalida, che non vede e può mangiare solo grazie a un sondino».
«Quando è uscita dalla pancia non sapevo nemmeno se mia figlia era viva o morta - accusa Zekaj -. Non me l'hanno comunicato, mi hanno solo detto di rivolgermi alla patologia neonatale. Qui mi hanno spiegato e nei 5 mesi in cui Samanta è stata ricoverata lì sono sempre stati gentilissimi». «Da quel 30 gennaio - conclude il trentottenne - è cambiato tutto il mio futuro. Vivo alla giornata, non c'è più allegria nella mia famiglia, dobbiamo sempre stare dietro a Samanta».
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