Soldi in cambio di pax sindacale
La denuncia è partita da Bergamo

Soldi in cambio della pace sindacale. È quanto viene contestato ai vertici nazionali del Salpas (Sindacato autonomo lavoratori partecipate appalti servizi F.S. che ha circa 300 iscritti solo in Lombardia), dopo che la Polizia ferroviaria ha arrestato in flagranza mentre incassavano delle mazzette da 2 e 10mila euro, il segretario nazionale aggiunto Pasquale Maio di 46 anni e il 43enne dipendente delle Fs di Milano Walter Di Bona (che si spacciava per Ispettore della qualità) e ha denunciato in stato di libertà il 59enne segretario nazionale Claudio Fiorenza e Martino Maio, 42enne tecnico della segreteria nazionale e.

Per tutti l'accusa è di estorsione in concorso per una cifra complessiva in tre anni di circa 130mila euro.

Secondo la squadra di polizia giudiziaria del Compartimento i quattro, tutti incensurati e residenti tra Milano e provincia, avrebbero chiesto il pizzo a quattro ditte - la Dussmann Service Srl con sede legale a Milano, ma sede operativa a Capriate (e, ancor prima, a Bergamo), da cui peraltro sarebbe partita la denuncia, la Csi Srl di Roma, la Berruti Federico e figlio Srl di Alessandria e La Pulizie ed affini Spa di Brescia - che si erano appena aggiudicate (quasi sempre al ribasso) l'appalto per le pulizie di stazioni e treni, minacciando altrimenti di scatenare scioperi e bloccare il lavoro, mobilitazioni che avrebbero portato ad un disservizio che avrebbe poi fatto scattare le penali da parte del Gruppo Fs.

Non solo, Di Bona - secondo l'accusa - contribuiva alla pressione sui vertici delle aziende taglieggiate, sostenendo di poter evitare di far scattare i controlli del Gruppo in caso di regolare pagamento.

A far scattare l'indagine, coordinata dal Pm di Milano Renna, è stata la denuncia nell'inverno del 2009 dell'azienda Dussmann (gruppo tedesco) ai dirigenti del Comparto sicurezza delle Ferrovie che si sono quindi rivolti alla Polfer. Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche è emerso, secondo gli investigatori, un vero e proprio «sistema radicato da anni» gestito dagli indagati che ricattavano sistematicamente le aziende venditrici chiedendo da mille a 5mila euro mensili a seconda dell'importanza delle ditte, altrimenti avrebbero fatto scattare mobilitazioni e picchetti orchestrati ad hoc.

L'inchiesta che  ha portato a Milano all'arresto di un sindacalista del sindacato autonomo lavoratori partecipate appalti servizi FS (Salpas) e alla denuncia di altri due, per estorsione nei confronti delle ditte appaltatrici dei lavori di pulizia su treni e stazioni, «è una brutta pagina» e Ferrovie dello Stato «sarà parte offesa sia nei confronti di chi prendeva soldi, sia contro le ditte coinvolte». Lo ha detto l'ad di Fs Mauro Moretti, a margine di una conferenza stampa al Viminale sulla tessera del tifoso. Per Moretti «è grave che l'Orsa (organizzazione sindacati autonomi e di base del comparti trasporti e delle ferrovie dello Stato, ndr) non abbia avuto strumenti interni per controllare la situazione» e, in generale, quella delle ditte ricattate «è una situazione scandalosa che dobbiamo debellare completamente».

«Ferrovie dello Stato, ringraziando la Polizia per i risultati conseguiti con l`attività investigativa sin qui svolta, intende confermare e consolidare questa comune lotta contro il malaffare che cerca ancora di annidarsi in certe pieghe delle attività ferroviarie». È quanto scrivono, tra l'altro, in una nota le Fs in merito alle denunce e agli arresti che hanno coinvolto tre sindacalisti del Salpas e un dipendente delle Ferrovie nel corso di un'inchiesta della Polfer di Milano su un presunto giro di estorsioni a quattro ditte di pulizia dei treni e delle stazioni. Proprio in merito al coinvolgimento del Salpas, il Gruppo Fs annuncia che «si costituirà parte offesa sia contro i sindacalisti dell`organizzazione affiliata all'Orsa, sia contro le stesse ditte di pulizia che, nel corso degli anni, hanno taciuto adeguandosi a tale sistema e omettendo di denunciare tali gravissimi fatti al Gruppo FS e alle autorità competenti». Una decisione presa in considerazione del «grave danno sia sotto il profilo economico sia dell'immagine» subito dai lavoratori, dal Gruppo e dai «suoi clienti che, attraverso queste azioni criminose, sono stati fortemente penalizzati nella qualità del servizio ricevuto».

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