Cronaca
Sabato 26 Giugno 2010
Il vescovo: «Oggi la vera trasgressione
è quella di dar vita ad una famiglia»
Concluso il pellegrinaggio mariano in Austria, il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, traccia un primo bilancio di un'esperienza umana e spirituale andata oltre le aspettative.
«La meta del pellegrinaggio è il ritorno. Il pellegrinaggio parte da casa e torna a casa e questo noi dobbiamo tenerlo sempre presente. La casa che è la famiglia, che è il lavoro, sono gli amici, le relazioni che noi viviamo. Quello che davvero conta è fare sì che le emozioni, i pensieri, le preghiere, gli stati d'animo del pellegrinaggio non siano dimenticati, non vadano dispersi, ma in qualche modo possano entrare nelle nostre vite, con tutta la loro positività». Il vescovo Francesco riflette sul pellegrinaggio, cerca di fare il punto di un'esperienza che si è rivelata di una forza umana, spirituale, «superiore alle aspettative».
I pullman viaggiano sulla via del ritorno, l'Austria è alle spalle, l'ultimo momento di preghiera è stato nella chiesa di Maria Saal, una delle chiese austriache più antiche, fondata nel IX secolo. La chiesa di oggi è stata costruita in periodo tardo gotico, nel Quattrocento, si trova su una specie di promontorio che domina la vallata, in mezzo alle propaggini delle Alpi della Carinzia. Ultimo atto del pellegrinaggio partito lunedì mattina da Bergamo, otto pullman, quattrocento viaggiatori, quindici preti, una suora, il vescovo. Ha detto monsignor Beschi sulla via del ritorno: «Abbiamo visto luoghi importanti e belli, dobbiamo fare in modo che quanto avvertito non si perda, diventi un valore, magari un piccolo valore in più per capire e amare la vita di ogni giorno. Se così non fosse, allora sarebbero soltanto emozioni di un attimo, rientrerebbero in quella tendenza così diffusa oggi, la voglia di collezionare emozioni, di consumarle come si consumano prodotti da supermercato… Ma questa, a ben vedere, sarebbe una forma di idolatria. Il senso del pellegrinaggio lo vedremo adesso che è finito, vedremo se davvero ci ha un po' arricchiti, se ci aiuta a generare anche soltanto un pochino di luce in più per noi e per quelli che stanno intorno a noi».
Ma tornare alla quotidianità non è facile, tornare ai rispettivi uffici, alle famiglie, alle difficoltà di ogni giorno. La gente che ha partecipato al viaggio ne discute sul pullman. Dice il vescovo: «Serve del buon realismo, serve la consapevolezza. Si passa da una dimensione di viaggio, di privilegio in fondo, a quella in cui i problemi sono la norma. Io stesso so bene che adesso che torno al mio posto dovrò affrontare un sacco di questioni, anche non facili, come sempre. Anzi, anche di più perché sono stato via una settimana… Essere consapevole delle difficoltà che incontreremo è importante per attrezzarsi, per essere pronti. Poi ognuno vive una sua realtà, ognuno affronta una quotidianità particolare e allora non ci sono ricette universali, non si può generalizzare. Ma credo che tutti sappiamo, tutti abbiamo consapevolezza di che cosa servirebbe a noi, alla nostra famiglia, alla nostra vita per migliorare, per trovare un'armonia superiore».
E' stato un pellegrinaggio mariano, il vescovo lo ha ribadito chiaramente la prima mattina, nella cattedrale di Innsbruck. E ha proposto un motto: «Come Maria». E ora conferma: «Anche nel ritorno alle nostre case questo motto è da ricordare bene. Penso a Maria, a come si pone davanti alla realtà, alla quotidianità, a come risponde all'angelo che le dice che sta per diventare madre senza conoscere uomo. Madre del figlio di Dio. Io penso che la figura di Maria ci provochi proprio nella direzione del senso della quotidianità, della famiglia. Oggi una delle parole che vengono più usate, in termini anche positivi, è trasgressione. Ecco, io penso che oggi la vera trasgressione consista nel dare vita a una famiglia, a una buona famiglia. Che questa sia la vera sfida, mettere al mondo dei figli, godere la gioia della loro nascita e della loro crescita, godere dell'impegno di dare, giorno dopo giorno. Oggi, questa è vera trasgressione rispetto alla banalità del consumo, al conformismo delle relazioni usa e getta».
La casa, la famiglia, i ragazzi che rappresentano il futuro. Siamo adulti, dice il vescovo, dobbiamo essere consapevoli. E ricorda la visia a Mauthausen, il suo appello alla responsabilità da parte di ciascuno di noi, alla profondità della coscienza. Dice il vescovo: «Sono riflessioni che valgono per chi torna dal pellegrinaggio, ma non soltanto».
Commentando invece il pellegrinaggio in senso stretto, monsignor Beschi sottolinea diversi aspetti organizzativi, anche l'importanza dell'organo, di avere avuto nel gruppo un musicista del valore di don Ugo Patti, in grado di far cantare strumenti storici, dalla voce solenne, profonda, capaci da soli di creare un'atmosfera di spiritualità. Dice il vescovo: «Il pellegrinaggio è comunque in sé un momento importante. Il pellegrinaggio diocesano dell'anno venturo toccherà la Terra Santa, ma stiamo pensando anche a un'iniziativa che coinvolga genitori e figli, un pellegrinaggio di famiglie, adatto anche ai ragazzi, che sia anche economicamente accessibile. Lo stiamo studiando. Del resto verso le famiglie è orientata la nostra pastorale. Le famiglie sono Nazareth, e tutto ha inizio lì…».
Paolo Aresi
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