Mal de Chagas
nella Bergamasca

Mal de Chagas: che cosa è, come si contrae, come si manifesta, come si diagnostica, come si cura. Se ne è parlato in un incontro promosso dalla Commissione salute migranti dell'Ordine dei Medici di Bergamo per sensibilizzare verso una malattia che si trova nella lista delle 15 malattie neglette.

«Tutti i medici hanno studiato sui libri il mal de Chagas - ha esordito Andrea Angheben, del Centro per le Malattie tropicali dell'ospedale di Negrar a Verona - ma ancora bassa è la capacità di diagnosi e cura in Italia». La malattia è causata da un protozoo che si trasmette tramite cimici che infettano l'uomo con le loro feci. In America Latina almeno 16-18 milioni di persone ne sono infette.

In particolare il Paese in cui è più diffusa è la Bolivia, in una percentuale simile a quella che si ritrova nella numerosa comunità boliviana presente a Bergamo (stimata in 17.000 persone tra regolari e no). Da uno screening effettuato dal Centro di Negrar nel 2009 su un campione di 188 boliviani il 21% ha risposto positivamente.

«Nella sola provincia di Bergamo si stimano 2.000-3.000 casi di malattia, in Italia (soprattutto nella comunità boliviana) 7.000. Essere originario della Bolivia costituisce un fattore di rischio importante, tanto che secondo noi tutti i pazienti di origine boliviana dovrebbero essere sottoposti a screening» ha spiegato Andrea Angheben, del Centro per le Malattie tropicali dell'ospedale di Negrar a Verona.

La malattia nella fase acuta è caratterizzata da segni nel sito di inoculo, febbre elevata, tachicardia. Questa fase, che può durare 60 giorni, presenta una mortalità intorno al 5-10%. Nella fase cronica, che si sviluppa 10-30 anni dopo l'infezione, sono coinvolti con patologie serie il cuore, l'esofago e il colon. Il passaggio dalla fase intermedia, che si presenta asintomatica (da qui la difficoltà di diagnosi), a quella cronica riguarda il 10-30% dei casi.

Come si cura? Con un farmaco che «non è in vendita nei Paesi non endemici. Viene fornito gratuitamente dall'Oms su richiesta» spiega ancora Andrea Angheben. «L'ideale è poter trattare con il farmaco tutti i casi positivi non sapendo quali evolveranno nella fase cronica in patologie gravi; in particolare i più giovani danno una buona risposta alla terapia».

È importante sottolineare che la trasmissione tramite cimice avviene solo in Sudamerica, caso che può riguardare viaggiatori ed espatriati. Altri canali di trasmissione sono: trasfusione di sangue (12-20%); trapianto renale da donatore in fase indeterminata (35%), da madre a bambino. Quest'ultima casistica riguarda il 2-10% delle donne gravide infette, nella maggior parte senza conseguenze sull'evoluzione della gravidanza; esiste, però, una forma di Chagas congenito che, senza trattamento, porta alla morte nel 5-10% dei casi, fondamentale quindi intervenire sul neonato subito dopo il parto.

Un problema è rappresentato dalla donazione di organi, tessuti e di sangue. «Considerando la carenza di sangue e il fatto che la donazione da parte di cittadini di origine latino-americana è un segno positivo di integrazione - ha detto il medico del Negrar - si deve trovare il modo per garantire che il sangue non sia veicolo di trasmissione. In Italia non viene effettuato screening, ma vengono escluse categorie a rischio, che non individuano però chi si trova in fase intermedia».

Obiettivo del Centro di Malattie tropicali dell'ospedale di Negrar a Verona, in collaborazione con Oikos di Bergamo (associazione che offre assistenza sanitaria di base ai cittadini stranieri, anche privi di permesso di soggiorno), è poter eseguire test diagnostici tra la popolazione boliviana a Bergamo, raccogliendo dati che possano essere significativi per sollecitare l'intervento del servizio pubblico per uno screening completo e per migliorare l'accesso alla diagnosi e alla cura.
 Laura Arnoldi

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