Tempi duri per i falsari di banconote
«Cattaneo» e Università lanciano la sfida

Stampa in rilievo, ologrammi, strisce iridescenti, inchiostro cangiante, fili di sicurezza, ma anche carta filigranata e inchiostro magnetico sono tra le misure di sicurezza che vengono continuamente perfezionate per garantire l'inimitabilità della carta moneta nel nuovo millennio. E a «sfidare» i falsari dei nostri giorni - vi ricordate la mitica «banda degli onesti» di Totò, Peppino De Filippo e e Giacomo Furia? - ci sono anche l'Università di Bergamo e la Cattaneo meccanica spa di Albegno di Treviolo.

Un inedito connubio tra impresa e ricerca sulle vie della tanto invocata innovazione capace di andare oltre la crisi economica. A suggellarlo - guarda caso - un gruppo di under 40 che hanno deciso di rischiare investimenti e competenze per riuscire a introdursi in un settore di nicchia e di eccellenza. Alle spalle da una parte un'azienda dalla tradizione famigliare lunga 60 anni e dall'altra l'istituzione universitaria.

I protagonisti di un progetto di applicazione della ricerca sull'interazione tra fluidi e materiali al sistema dell'anticontraffazione di banconote, ma anche di francobolli, assegni, etichette di sicurezza, sigilli dei monopoli di Stato, sono il Gitt, Centro per la gestione dell'innovazione e del trasferimento tecnologico dell'Università degli studi di Bergamo e la Cattaneo meccanica spa, presente sul mercato della meccanica conto terzi in vari settori dalla siderurgia, all'energetico, al cementiero.

«Era il momento di rischiare – spiega Giovanni Cattaneo, nipote di Romolo Cattaneo fondatore appunto dell'azienda di famiglia –: forti dei risultati consolidati, grazie a mio padre Ulisse, nei settori in cui siamo presenti da anni abbiamo deciso di rischiare in uno di questi, quello della stampa, e cercare di distinguerci nella produzione di macchine calcografiche per l'anticontraffazione. Un settore di nicchia che conosce pochissime aziende leader in tutto il mondo. Siamo una impresa di medie dimensioni, non possiamo permetterci uno staff di ricerca, ma abbiamo capito che è necessario investire sull'innovazione per restare al passo con i tempi. Ecco perché abbiamo deciso di rivolgerci all'università: riteniamo di poter trovare qui competenze e soprattutto serietà. Questo è un campo molto delicato come si può immaginare, un ingrediente fondamentale è l'estrema riservatezza e affidabilità».

E poi nei laboratori di viale Marconi a Dalmine c'era già chi si occupava di indagare l'interazione tra fluidi e materiali: il professor Maurizio Santini, docente di Fisica tecnica industriale alla facoltà di Ingegneria. Dal 2001 collabora a progetti di ricerca nazionali e internazionali proprio in questi campi di applicazione. Alla ribalta della cronaca è salito grazie ai suoi esperimenti in microgravità a bordo degli Airbus A300 Zero-G dell'Agenzia spaziale europea.

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