Giuliana: «La vita è bella
Così ho sconfitto il cancro»

«Di diventare pelata non me ne fregava niente. Prima che i capelli ricrescessero ho anche comprato una parrucca. L'ho messa solo due volte, e stavo anche benino, sai? Adesso i capelli li ho così, belli corti. Cosa dici, li tingo o no?».

La malattia ha segnato la sua mappa, fuori e dentro di lei, Giuliana D'Ambrosio, all'anagrafe (vero nome) Giulia, per tutti semplicemente «La Giuliana», 62 anni da compiere il prossimo luglio, segno zodiacale cancro. La mappa del male ha i suoi punti cardinali, i capelli caduti per la chemio, le calze contenitive per… contenere l'affaticamento della gambe - «non sai, ogni tanto, che male che ho sotto le piante e che fatica faccio a stare in piedi» - e uno squarcio in pieno petto, dove la mano del chirurgo, il professor Mangione del San Gerardo di Monza, è passata il 25 giugno di un anno fa, togliendole, in sette ore d'intervento, un bel po' di… pezzi e i «130 scarafaggi».

Tutto comincia con un controllo di routine a marzo del 2009. «Li ho sempre fatti i controlli, tutti gli anni. Lì hanno capito che qualcosa non andava all'utero e mi hanno prescritto ulteriori accertamenti fino a che la Pet (la tomografia ad emissione di positroni, una tecnica di medicina nucleare, ndr) ha fornito un quadro più chiaro. Hanno deciso di operarmi, tempo una settimana e poi torno in trattoria, ho detto a tutti: aspettatemi.

La nomenclatura medica è astrusa ed agghiacciante insieme «isterectomia, annessiectomia, linfoadenomectomia». «Te lo dico io cosa hanno fatto - taglia corto - mi hanno tolto utero, tube, ovaie e poi tutti i linfonodi che erano intaccati, i 130 scarafaggi, come li ho chiamati io. Vi pesto sotto i piedi, mica ho paura di voi, continuavo a ripetermi. Che strano, pensi sempre che certe cose tocchino agli altri. Io però non avevo paura, ho sempre pensato che dovevo combattere. Dovevo farlo per me e per la mia mamma».

Malata di diabete, la signora Anna (mancata qualche settimana fa) non sospetta niente e aspetta che Giuliana torni a casa. Nel ripensare a quel bigliettino messo dalla mamma di nascosto nella borsa prima del ricovero «Torna presto, ti voglio bene» le spuntano due lucciconi.

Un protocollo di chemio e radio terapie combinate che si protraggono fino a dicembre. «Non stai benissimo, ma poi te le dimentichi alla svelta, capisci di migliorare un po' alla volta, anche se le ultime sono state un po' dure». Bisogna distruggere gli «scarafaggi». Lei ce la mette tutta. E poi ci sono l'affetto degli amici che la vanno a trovare («Li salutavo dal letto con la mano»), l'amore della mamma e la fede.

«Pregavo la mia Madonnina di Lourdes che mi aveva già aiutato qualche anno fa. Sospettavano che avessi un tumore allo stomaco e, invece, mi avevano trovato i diverticoli. La ringrazio ogni giorno per essere qui». Il locale è chiuso ma pensa a quando lo riaprirà, lotta, riprende a mangiare sfidando la nausea e il vomito delle chemio che, qualche volta, la costringono a letto per tre giorni filati, i capelli rispuntano, la vita continua.

Giuliana è così, come l'Atalanta. Non molla. Domenica sarà in tribuna allo stadio («Se ci salviamo, questo sì è un miracolo», scherza) e lunedì sarà di nuovo al timone della trattoria di via Broseta che riaprirà le porte dopo tanti mesi. Ci sono un sacco di cose da fare, lo staff della trattoria è in fermento e poi bisogna ricordarsi di comprare un nuovo abito per il direttore del locale, anche lui nuovo di zecca.  «La vita è bella - sussurra la Giuliana - e con questo, ti ho detto tutto».

Leggi tutta l'intervista di Donatella Tiraboschi su L'Eco di venerdì 30 aprile

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