Borgo di Terzo, nel giardino di Matar
le foto strappate della famiglia

I segni della tragedia che si è consumata a Borgo di Terzo sono ancora tutti lì, nei due giardini a pochi passi uno dall'altro, tra vasi sfiniti di sete e i fiori che nessuno ha più bagnato. In quello di Giannino c'è la mappa di una morte straziante e tutto è rimasto come quella sera: il secchio mezzo pieno d'acqua e la canna con cui hanno cercato di spegnere la torcia umana, le coperte annerite dal fumo, i mezzi per strapparlo alle fiamme. Poi pezzi di flebo, siringhe, i mezzi per strapparlo alla morte. Un giocattolo di plastica mezzo fuso, la pioggia dei giorni scorsi ha lavato via le gocce di sangue della figlia e del genero, che prima ha bruciato il suocero, poi ha accoltellato la moglie e infine ha rivolto le lame contro di sè, davanti ai loro due piccolini.

Nel giardinetto di Matar, un po' nascosto sotto la siepe c'è un mosaico di foto stracciate: tante di Tatiana che sorride, che era diventata sua moglie e gli aveva dato due figli. Poi le cose tra loro avevano cominciato a non funzionare e lei a ottobre dell'anno scorso se n'era andata con i bambini qualche metro più in là, a vivere nella casa di papà Giannino. Da altri pezzi di foto sorridono, colti a un tavolo di festa, frammenti di volti che per Matar devono essere stati importanti almeno per un po'. Le sorelle di Tatiana, un genero, una vecchietta, forse la nonna dei suoi bambini. C'è anche un brandello di Giannino. Mancano solo pezzi di Matar.

Il senegalese da tempo pareva a tutti molto malridotto, magrissimo, ombra allucinata che vagava nei vialetti tra i giardini del complesso di case in fondo a via Carolina Pezzotta. Una vicina dice che è stato inimmaginabile: che sentire le urla di un uomo che brucia non si può dimenticare, che nessuno quella notte qui attorno ha chiuso occhio e che il giorno dopo c'era come una cappa pesante sul quartiere, un silenzio spettrale interrotto solo dal clic della macchina di un fotografo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA