Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 08 Aprile 2010
«Non si può obbligare un ospedale
a somministrare la pillola Ru486»
Giovedì 8 aprile il presidente della Società Lombarda di Ostetricia e Ginecologia, prof. Luigi Frigerio, ha indirizzato un messaggio al dott. Carlo Lucchina, direttore generale dell'Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia, sull'impiego in ospedale della Ru486.
La «Slog» ha condiviso con la Regione un documento tecnico sull'aborto farmacologico e sottolinea l'esistenza di problemi deontologici e organizzativi a tutti noti. Tra i punti evidenziati nel messaggio «Slog» al dottor Lucchina ce ne sono alcuni di grande rilievo:
- Non si può obbligare un ospedale a somministrare la Ru486.
- Esiste un problema di qualità e sicurezza che richiederà una riflessione sulle risorse disponibili.
- Non esiste il "diritto all'aborto farmacologico" e la somministrazione della RU486 prevede cautele e controindicazioni specifiche.
- Se la normativa vigente richiede alla donna di stare in ospedale si propone il tema della insufficienza dei letti.
- Se la donna decide per la dimissione contro il parere dei sanitari si propone la necessità di controlli clinici in ambulatorio e al pronto soccorso che non possono essere risolti senza risorse aggiuntive.
- Il documento dei ginecologi lombardi consegnato alle Autorità regionali mette in guardia dalla superficialità e sottolinea che l'aborto con la Ru486 non e' facile e indolore come qualcuno potrebbe credere.
- Questo prodotto provoca frequentemente coliche addominali con nausea, vomito e altri sintomi correlati.
- La Ru486 comporta un onere psicologico tutt'altro che lieve dal momento che i tempi dell' aborto sono più lunghi.
- Sono necessari anche 3 giorni da trascorrere in ospedale.
- L'utero poi si svuota lentamente, impiegando a volte anche diverse settimane.
- Il documento dei Ginecologi Lombardi rispecchia le conoscenze scientifiche attuali e sottolinea le criticità cliniche.
- Anche il Consiglio Superiore di Sanità afferma che "c'è parità di rischio fra metodo abortivo chirurgico e farmacologico, solo se l'intera procedura viene completata in ospedale, dove "la donna deve essere trattenuta fino ad aborto avvenuto".
- Non si può quindi obbligare l'ospedale a utilizzarla, senza nemmeno aver prima affrontato i problemi deontologici e di risorse.
Di seguito il testo integrale del messaggio inviato dal presidente Slog prof. Frigerio al dottor Carlo Lucchina DG:
«Preg.mo Dott. Lucchina, ho sentito il Prof. Ferrazzi che mi ha informato circa l'incontro di ieri. Vorrei sottolineare che il documento dei ginecologi lombardi consegnato alle Autorità della Regione Lombardia mette in guardia dalla superficialità e sottolinea che l'aborto con la Ru486 non e' facile e indolore come qualcuno potrebbe credere. Questo prodotto provoca frequentemente coliche addominali con nausea, vomito e altri sintomi correlati. Questi effetti sono significativamente più importanti in chi non ha mai partorito e 8 donne su 100 devono ricorrere a interventi di completamento dell'aborto con tecnica chirurgica. La pillola non riduce il peso dell' aborto, ma rischia di fare sentire le donne ancora più sole. La Ru486 comporta un onere psicologico tutt'altro che lieve dal momento che i tempi dell' aborto sono più lunghi. Con la pillola sono necessari anche 3 giorni da trascorrere in ospedale in attesa che il farmaco faccia il suo effetto. L'uter! o si svuota lentamente, impiegando a volte anche diverse settimane. Il documento dei Ginecologi Lombardi rispecchia le conoscenze scientifiche attuali e sottolinea le criticità cliniche. Il Consiglio Superiore di Sanità afferma che "c'è parità di rischio fra metodo abortivo chirurgico e farmacologico, solo se l'intera procedura viene completata in ospedale, dove "la donna deve essere trattenuta fino ad aborto avvenuto". Esiste perciò un problema di qualità e sicurezza che richiederà una riflessione sulle risorse disponibili. Non esiste il "diritto all'aborto farmacologico" e la somministrazione della RU486 prevede cautele e controindicazioni specifiche. Se la normativa vigente richiede alla donna di stare in ospedale si propone il tema della insufficienza dei letti. Se la donna decide per la dimissione contro il parere dei sanitari si propone la necessità di controlli clinici in ambulatorio e al pron! to soccorso che non possono essere risolti senza risorse aggiuntive».
Un cordiale saluto,
Luigi Frigerio
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