La «statale 42» sotto la lente
«Un tracciato ormai antico»

Bella la statale 42, a guardarla su una cartina, da Bergamo in poi: la vedi, sinuosa, che lambisce il lago di Endine e arriva su su fino al massiccio dell'Adamello, al passo del Tonale e alle dolci vallate trentine. Ma se per percorrere i 18 chilometri tra Treviglio e Bergamo si impiegano venti, venticinque minuti e viene il mal di testa a forza di rotonde, anche il tratto compreso fra San Paolo d'Argon e Lovere chi lo conosce, se può, lo evita.

Quaranta chilometri di autentica sofferenza ogni giorno per migliaia di automobilisti e camionisti, bergamaschi e stranieri, che soffrono incolonnati, muovendosi a passo d'uomo, rassegnati dentro ai loro abitacoli. Quello della statale 42 è un tracciato vecchio, antico come il tempo dei Romani che furono i primi a percorrere la direttrice Milano-Bergamo-Tonale per raggiungere poi l'Europa centrale.

Ma duemila anni fa non c'erano semafori, rotonde, incroci, dossi, buche, limiti di velocità, cartelloni pubblicitari, case costruite sul ciglio della strada, suv e tir. Era tutto un altro mondo. Oggi invece è un supplizio, specie dalle 7 alle 10 e dalle 16 alle 20, quando la strada si intasa di veicoli. Perché questo succede: la strada è troppo piccola per la mole di traffico che quotidianamente la percorre.

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