Due docenti ogni 100 studenti
L'Università è sotto la media

Si passa dalle università in cui il rettore si chiama «the president» e presenta la «strategy» del suo campus, agli atenei che proprio non mollano il «sigillo», simbolo dell'universitas studiorum di origine medievale. Da Hong Kong agli Stati Uniti, da Nuova Delhi alla vecchia Europa, l'Università degli studi di Bergamo sta conducendo una ricerca su 800 università in 16 Paesi di tutto il mondo per capire come sta cambiando questa istituzione, tra spinte in direzione aziendale e mantenimento strenuo della tradizione accademica.

Uno studio di cui ieri sono stati presentati i risultati preliminari basati sull'analisi di 304 atenei, di cui 66 italiani e tra i quali c'è anche l'Università degli studi di Bergamo. Un'analisi condotta da Giuseppe Delmestri, docente di Organizzazione aziendale alla facoltà di Economia, in collaborazione con l'americana Stanford University e la Universitat Mannheim tedesca.

L'Università degli studi di Bergamo, in questa cornice mondiale ha tutti i numeri per stare in corsa: come la gran parte delle università è nata nel secondo dopoguerra. Contrariamente a quanto si pensa infatti sono pochissimi gli atenei nati in epoca medievale, il numero cresce nell'Ottocento, ma la stragrande quantità di atenei muovono i primi passi a metà del secolo scorso. Sempre guardando ai numeri si nota che la media del numero di studenti per ateneo si aggira intorno alle 18 mila unità: il nostro ateneo supera di poco i 15 mila iscritti per cui anche in questo caso rientra nella media.

Le note negative arrivano invece quando si guarda al numero di docenti: mentre la media è di sette docenti per 100 studenti, a Bergamo ci aggiriamo su una media di due docenti per 100 studenti. «Contro una media di 1.185 docenti per università – spiega Delmestri –, noi invece possiamo contare, a pressoché parità di studenti con la media europea, su poco più di 300 docenti. D'altro canto dobbiamo considerare che se un'università come Stanford richiede a uno studente 45 mila dollari all'anno, gli studenti bergamaschi pagano in media 1.500 euro di tasse all'anno».

Si apre quindi il dilemma per l'università di continuare a crescere legata allo Stato come avviene in Francia, Germania e in generale in Italia, oppure avvicinarsi alle aziende come nel caso americano. Con tutti gli aspetti positivi e le criticità che entrambe le scelte comportano come è emerso da una tavola rotonda a cui hanno preso parte la preside della facoltà di Economia, Laura Viganò, il prorettore delegato alle Relazioni internazionali, Giuliano Bernini, ma anche rappresentanti del mondo aziendale come Luciano Giannini, direttore organizzazione Italcementi group e Michele Pianca, direttore generale Ctf group, entrambi soci del Club aziende SdM (School of Management) dell'Università degli studi di Bergamo.

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