Uccise un albanese dopo un furto
Si rifarà il processo, non fu difesa

Tre anni di reclusione per eccesso colposo di legittima difesa: questa la richiesta di condanna aveva avanzato il pubblico ministero Maria Esposito nei confronti di Antonio Monella, impresario cinquantenne di Arzago d'Adda che, la notte tra il 5 e il 6 settembre 2006, esplose un colpo di fucile che uccise Helvis Hoxa, il giovane albanese che in quel momento stava uscendo dal cortile dell'abitazione dell'imprenditore, dopo avergli rubato il Suv Mercedes Ml.

Venerdì 26 febbraio era attesa la sentenza del processo con rito abbreviato, ma il gup Bianca Maria Bianchi ha restituito gli atti al pm perché a suo giudizio ci sono elementi che fanno ritenere che il reato sia più grave di quello ipotizzato. Così ora dovrà esserci un nuovo processo.

Quando avvenne il fatto era da poco entrata in vigore la normativa sulla legittima difesa: quella che, in sostanza, sancisce che non possa essere condannato che, in difesa del proprio domicilio privato, usi un'arma per difendersi da malintenzionati, anche per salvaguardare beni materiali.

In effetti Monella aveva sorpreso dei ladri mentre, dopo essere entrati nella sua proprietà, gli stavano rubando l'auto: addirittura, svegliato in piena notte dai rumori, aveva sorpreso uno dei ladri in corridoio. Impugnato il fucile da caccia calibro 12, l'imprenditore aveva sparato verso l'auto che si trovava nel cortile di casa e che i malviventi stavano usando per fuggire.

Per l'accusa originaria avrebbe sparato per uccidere, ed era stato quindi indagato per omicidio volontario: invece le perizie, ultima quella disposta dallo stesso giudice dell'udienza preliminare e discussa alla precedente udienza, avevano in sostanza confermato la tesi difensiva, e cioè che Monella avrebbe sparato senza mirare.

Secondo gli esperti addirittura avrebbe sparato con l'arma imbracciata, con l'intenzione di danneggiare il veicolo per impedire la fuga dei ladri. Invece il colpo di fucile aveva raggiunto Helvis Hoxa, ferendolo mortalmente, e i complici lo avevano abbandonato a Trucazzano, dileguandosi. Il giovane era poi morto in ospedale per le ferite riportate.

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