A Bergamo è stato siglato un «patto» tra l'Asl e tutte le strutture ospedaliere pubbliche e private perché questi degenti, una volta dimessi, non siano abbandonati a loro stessi.
«Il protocollo – ha evidenziato Massimo Giupponi, direttore sociale dell'Asl – è sottoscritto anche dai sindacati, dal Consiglio di rappresentanza dei Sindaci e dal Terzo settore – ha evidenziato Massimo Giupponi, direttore sociale dell'Asl –. Questa è una necessità sentita dal territorio: su circa 180 mila dimissioni annue a livello provinciale, sono 3.600-4.000 i casi annui da considerarsi "difficili". Sul territorio abbiamo già avuto casi pilota, e l'anno scorso si è siglato un accordo Asl-Comune di Bergamo e Ospedali Riuniti per le dimissioni protette. Da quest'ultima esperienza abbiamo imparato molto: ora quello che funziona in città deve essere esteso su tutto il territorio».
Grazie a quell'accordo, infatti, era stata creata la Centrale dimissioni protette, all'interno dei Riuniti, dove lavora personale Asl, del Comune e dell'ospedale per risolvere ogni caso critico sin dal suo arrivo. E le cifre non sono da poco: su 45 mila dimissioni all'anno i Riuniti stimano tra i 900 e i 1.200 casi annui «critici», che hanno quindi bisogno di dimissioni protette.
«Ora questo protocollo "laboratorio", che valida una rete già esistente in modo virtuale sul territorio – continua Giupponi – rende operativo un sistema di interscambio di informazioni: sul territorio si creeranno i Cead, Centri di assistenza domiciliare, facenti capo all'Asl, che smisteranno e analizzeranno i vari casi, tenendo i rapporti con i Comuni, mentre all'interno di ogni struttura ospedaliera ci saranno persone dedicate a seguire i casi difficili sin dall'ingresso. Insieme all'istituzione dei Cead, un tavolo interistituzionale trimestrale per monitorare questo processo. L'accordo scade nel 2011, ma siamo certi che la rete avviata farà di Bergamo un esempio nazionale».
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