Rom sepolta e poi riesumata
Il funerale si svolge due volte

Cinquanta rom kosovari fermi davanti all'ingresso dell'Hospice di Borgo Palazzo, altri in giro per i corridoi a cercare la stanza dove era stata composta la salma della loro defunta, per poter onorare così ai dettami dell'islam per l'ultimo saluto: ma proprio in quel momento la cara estinta, già deposta nella bara, veniva calata sotto terra al cimitero di Bergamo.

Ciak, non si gira: questo non è un film, anche se sembra la sceneggiatura di Emir Kusturica. È invece la storia di un «qui pro quo» in salsa balcanica, accaduto a Bergamo mercoledì mattina e le scene successive non è difficile immaginarle; i rom arrivati trafelati al cimitero a inumazione ultimata: «Tirate fuori la bara o scaviamo noi a mani nude: non è stato fatto il lavaggio rituale e quella povera donna non è stata neppure avvolta nel lenzuolo bianco»; gli addetti della Bergamo onoranze funebri che si scambiano occhiate sempre più disorientate: «Ormai è tutto fatto, smettetela, tanto non si può tornare indietro».

E poteva finire proprio con una bella rissa, secondo i più comuni stereotipi sui rom, ma alla fine è prevalsa la pietas, e forse la necessità di riparare a un errore: la bara è stata riportata alla luce, la salma ha ricevuto il lavaggio rituale islamico, avvolta nel lenzuolo bianco come vuole il Corano, e quindi riportata sotto terra. La defunta era Dzevamira Osmani, 69 anni, rom kosovara arrivata da profuga durante il conflitto dei Balcani nei primi anni '90, insieme al marito Baryam Djaferi (molto conosciuto a Bergamo: in patria era spazzacamino, qui aveva fatto il «nonno-vigile» alle scuole Montessori).
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