Processo Guadadiello: 16 anni
al leccese che uccise il marocchino
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Il trentunenne marocchino era stato ucciso il 15 dicembre di un anno fa a Brignano da Guadadiello, 28 anni, di Squinzano (Lecce). Il giovane aveva chiesto al gup Giovanni Petillo di essere giudicato con rito abbreviato che, in caso di condanna, permette lo sconto di un terzo della pena. Guadadiello aveva ammesso fin da subito di essere l'assassino di Khadda e di averlo ucciso per vendicare l'onore della fidanzata che la notte precedente al delitto era stata violentata dal nordafricano.
Per farlo, il ventottenne aveva viaggiato tutta la notte in auto, da Squinzano dove era sceso per trascorrere un periodo di vacanza fino a Brignano dove abitava con la compagna di 23 anni, anche lei di origini pugliesi. E i fatti erano accaduti proprio nella palazzina di via Locatelli dove i due vivevano insieme.
La sera del 14 dicembre la ventitreenne era scesa nel bilocale al primo piano di una vicina, Emanuela Rozzoni, operaia brignanese di 34 anni, per cenare con lei e con Khadda. Sembra che i tre avessero bevuto. La ventitreenne a un certo punto della serata aveva detto di non sentirsi bene e si era ritirata nel suo appartamento al piano di sopra. Lì poco dopo era stata raggiunta da Khadda che l'aveva violentata. Il marocchino era poi tornato nell'appartamento di Emanuela Rozzoni dove aveva trascorso la notte.
La ventitreenne, sconvolta, aveva telefonato alla fidanzata del fratello di Guadadiello. Era stato avvertito telefonicamente il giovane che a quell'ora era già in viaggio in auto per tornare a Brignano con un amico marocchino. Era nei pressi di Brindisi quando gli era giunta la chiamata. L'uomo aveva così telefonato alla convivente annunciandole che l'avrebbe vendicata: «Sto arrivando, farò giustizia. Io lo ammazzo, lo ammazzo», aveva urlato al cellulare.
Un omicidio che si sarebbe potuto evitare se solo la ragazza avesse preso sul serio le frasi di Guadadiello. Ma la ventitreenne era convinta che si trattasse di uno sfogo di rabbia e non pensava che il suo convivente sarebbe davvero giunto a mettere in atto quella che la fidanzata reputava soltanto una sfuriata.
Guadadiello e l'amico erano giunti nella Bergamasca nelle prime ore della mattina del 15 dicembre. Il giovane s'era fatto accompagnare a casa di uno zio a Ciserano, da cui aveva trovato riparo la compagna. Qui, di nascosto, aveva preso due coltelli da cucina. Poi aveva raggiunto via Locatelli a Brignano e aveva suonato all'appartamento di Emanuela Rozzoni.
Erano le 7,45: quando Khadda s'era presentato ad aprire, il leccese gli aveva sferrato due coltellate al cuore, uccidendolo sul colpo. Poi era tornato dalla fidanzata: «Ti ho onorata». Infine la fuga finita in un bar di Canonica dove, raggiunto telefonicamente dalla polizia, aveva deciso di consegnarsi: «Sì, sono stato io, venite a prendermi». Il giovane aveva ferito anche Emanuela Rozzoni che tentava di bloccarlo mentre infieriva su Khadda.
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