La larghezza della pista, delimitata da un cordolo, viene considerata eccessiva, e soprattutto impedirebbe la realizzazione, sulla carreggiata, di due corsie separate per le auto: una per chi prosegue dritto in direzione Monterosso e l’altra per chi intende svoltare a sinistra, in direzione Conca Fiorita attraverso via Crescenzi. Così com’è, secondo il centrodestra, il solo risultato è di creare code perché le auto impegnate nella manovra di svolta a sinistra di fatto bloccano tutti. Chiaro che i ciclisti la pensano diversamente, ma se per viale Papa Giovanni XXIII lato destro direzione Città Alta, Palafrizzoni ha deciso senza tanti se e ma di rimuovere cordolo, pista e ricavare spazi per la sosta a rotazione delle auto (a breve cominceranno i lavori), per Giulio Cesare si è deciso di provare prima una soluzione, come dire, diplomatica. Ovvero, metro alla mano, calcolare se all’incrocio ci stanno due corsie per le auto e una per le bici: quest’ultima chiaramente senza cordolo e dalle dimensioni ridotte rispetto alle attuali, giudicate spropositate da Palafrizzoni.
Ad unica (e un pochino vacua...) protezione dei fan delle due ruote, una striscia gialla a delimitare lo spazio loro riservato. Se lo studio darà esito positivo, tutti salvi (se felici e contenti è un altro paio di maniche...): in caso contrario, tanti saluti alla corsia preferenziale per le biciclette e spazio alle quattroruote. Un sottile esercizio di equilibrismo? In verità non sarebbe la prima volta. Nel febbraio 1999 Palafrizzoni versione centrosinistra (sindaco Guido Vicentini) si trovò alle prese con un problemino analogo in via Tasso dove in uno spazio di 5 metri e mezzo di larghezza bisognava trovare il posto per 3 metri di corsia riservata alle auto, un metro e 80 per i parcheggi più 12 centimetri di striscia blu, uno e mezzo per la pista ciclabile più centimetri 30 per la striscia gialla.
Fatti due conti ci ballavano un metro e 22 centimetri, eppure l’impresa riuscì con un mezzo gioco di prestigio: nel senso che i tecnici del Comune andarono ben oltre la sede stradale, occupando di fatto la fascia in cubetti e il cordone di porfido, ricavando così un altro metro abbondante e una pista ciclabile, come dire, mista. Modello Parigi-Roubaix per intenderci. Fatto sta che siccome ci si abitua a tutto, ormai nessuno ci fa più caso, e si limita a passare con la propria due ruote sulla semplice porzione d’asfalto, lungo una delle piste ciclabili più anoressiche che la storia ricordi. Chissà che anche in viale Giulio Cesare qualcuno non tiri fuori il più classico dei conigli dal cilindro: se poi sapesse anche andare in bici, sarebbe davvero il massimo.
Dino Nikpalj
© RIPRODUZIONE RISERVATA