Casinò di San Pellegrino
I restauri sono certosini

Un intervento certosino, quasi chirurgico: su cariatidi in legno, tele e affreschi, capitelli in bronzo e gesso, grandi lampadari in bronzo con vetri madreperlati. Con alcune sorprese piacevoli, ovvero il ritorno alla luce di decorazioni coperte dalla pittura e poi la scoperta della straordinaria fattura di alcune opere, finora nascoste dalla polvere e troppo distanti per essere notate dal distratto visitatore.

Il casinò di San Pellegrino, poco alla volta, torna agli antichi splendori, quelli del 1907, anno in cui s’inaugurò uno dei principali esempi di architettura liberty d’Europa. Da maggio sono in corso i lavori di restauro conservativo (finanziati per un milione e 300 mila euro da Regione, Camera di commercio e gruppo Percassi) a cura della ditta Lares di Venezia, con capocantiere la bergamasca Laura Turrini e coordinatrice la veneziana Elisabetta Ghidino.

Cantiere che arriva dopo quelli già conclusi dal 1999 sugli impianti, sulla facciata, alle esedre e sullo scalone d’ingresso. E finora sono stati spesi quasi cinque milioni e altrettanti ne serviranno se si vorrà realizzare anche il nuovo teatro (i fondi sono stati chiesti all’Unione europea). Un restauro chirurgico, quello in corso sul foyer d’ingresso, sulle balconate, nel salone bar e nella sala delle feste, per circa diecimila metri quadrati di superfici, tra pavimenti, soffitti e pareti che vengono in parte ricostruiti o ripuliti da sporco e pitture aggiunte nel corso dei decenni.

Tra le sorprese la nuova luce che caratterizzerà la balconata al primo piano, quella che porta all’ingresso del teatro. «Le pareti erano coperte da uno strato di pittura a calce con decori di scarsa qualità - dice il progettista dell’intervento Walter Milesi, di Olmo al Brembo - sotto il quale è stato ritrovato lo stucco originario più chiaro che renderà luminoso il corridoio».

Sempre sulle balconate verranno restaurate le decorazioni trovate a livello della trabeazione, vicino al soffitto. «Anche queste erano coperte da uno strato di pittura – dice Milesi – probabilmente risalente già agli anni Trenta del secolo scorso. Eravamo indecisi: alla fine, dopo una notte insonne, abbiamo scelto di riportarle alla luce».

Il casinò, «un’unica grandiosa scenografia», come l’ha definita l’architetto Milesi, riserva sorprese e meraviglie finora poco visibili. Come le cariatidi in legno sul fregio del salone delle feste. «Sono bellissime e sembrano quasi emergere dall’architettura del soffitto - dice ancora Milesi - una diversa dall’altra seppure finora pochi si siano accorti della loro presenza, proprio perché a otto metri da terra».

 E poi i 78 enormi lampadari (alcuni alti fino a tre metri e mezzo) anche loro in restauro. Le lampade rovinate o quelle da rifare ex novo arriveranno da Venezia, realizzate dal maestro vetraio Pino Signoretto, autore anche dei restauri al teatro «La Fenice».

«Un intervento delicatissimo quello in corso al casinò - ha detto il vicesindaco Vittorio Milesi durante uno dei quattro incontri pubblici organizzati dal Comune sul futuro della cittadina (l’ultimo sarà lunedì, alle 20,30, in municipio con una tesi di laurea di Francesca Centurioni) - un intervento a cui tiene in modo particolare anche la Soprintendenza visto che ormai settimanalmente i funzionari salgono a San Pellegrino per verificare l’andamento dei lavori che dovrebbero concludersi entro fine gennaio». E poi, buona parte del casinò tornerà a splendere, come cent’anni fa.

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