Capannoni abbandonati:
sono 58 le aree da recuperare

C'è una provincia nella provincia, fette «fantasma» di paesi e città abbandonate dopo che le macchine hanno smesso di girare da un po'. Le aree dismesse – una volta poli produttivi – si trovano sparsi ovunque nella Bergamasca, in attesa di trovare una nuova identità.

Finora non c'era mai stato un censimento. La Provincia (settore Pianificazione territoriale), in collaborazione con la Regione, ha appena concluso una mappa, integrando i dati già raccolti nel 2008 nell'ambito del Daissil (Documento di analisi e indirizzo per lo sviluppo del sistema imprenditoriale lombardo).

Visto che il territorio non è un bene riproducibile e il suo consumo sta toccando il limite, nella programmazione urbanistica partire dal recupero di ex fabbriche o capannoni è d'obbligo.

Dall'indagine (tramite schede fatte compilare dai Comuni: al questionario 2009 hanno risposto 105 amministrazioni) risultano 58 aree dismesse (di cui 56 un tempo industriali o artigianali) distribuite su 32 Comuni, a prescindere che i piani di intervento siano già partiti/previsti o meno. Per definire un'area dismessa due i requisiti necessari: nel caso di aree produttive (comprendenti aree a destinazione industriale, artigianale, terziaria e commerciale) una superficie coperta superiore a 2 mila metri quadri, con una cessazione delle attività economiche su oltre il 50% delle superfici coperte che si prolunghi ininterrottamente da oltre quattro anni; nel caso di immobili con superficie coperta superiore a 5 mila metri quadri, se si tratta di insediamenti agricoli la dismissione deve prolungasi da oltre tre anni, se di servizi pubblici e insediamenti residenziali da oltre quattro anni.

La maggior parte dei Comuni presenta una sola area dismessa. Fanno eccezione Bergamo (7: la Cesalpinia, tra le vie Fantoni, Bono, Moretti e da Brembate; l'ex Fervet di Borgo Palazzo; la Mangimi Emmetre tra via San Giovanni Bosco e la circonvallazione Mugazzone; gli ex Molini Riuniti in via Rampinelli; la Vallalta di via Berlese; l'ex fonderia Della Casa in via San Giovanni Bosco e le ex manifatture Ziliani al Villaggio degli Sposi, quest'ultima già in avanzato stato di recupero con un intervento residenziale), Seriate (6: l'area ex fratelli Mazzoleni in via Marconi; l'ex Magni di via Battisti; le ex acciaierie Rumi di via Nazionale; l'Opera Pia Misericordia Maggiore in via Nazionale; la Pedone Giuseppe di via Cerioli e i Fratelli Colosio di via Pastrengo), Treviglio (5: la Baslini spa dell'omonimo piazzale; la Lito Latta Lombardia di via della Gobba; la Sofim-Moriggi di via Bergamo; la Fiv della frazione Battaglie e le Cantine Radaelli di via Locatelli), Alzano e Leffe (3) e altri sette Comuni che ne hanno due. Solo per tre aree risulta una dismissione parziale; per 12 la cessazione dell'attività è seguente al 2005. Da notare, inoltre, che non sempre la loro collocazione è periferica (seppur in 33 casi): per ben 21 volte sono «enclave» in zone centrali, e soli in 4 in ambito extraurbano.

Tutti i dettagli su L'Eco di Bergamo del 15 novembre

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