Trump e Renzo

Donald Trump ha la faccia di uno che la sa lunga. Mi correggo: Donald Trump ha la faccia di uno che crede di saperla lunga. Sulla base di questa percezione egli potrebbe essere portato a pensare che il suo «flirt» con l’ignoranza sia una gran trovata. Non lo è: trattasi di volgare imitazione e noi, da queste parti, lo sappiamo bene.

Ricapitoliamo. In un recente «tweet». il sempre più probabile candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti si è vantato di aver «conquistato gli ignoranti» e ha aggiunto: «Io amo gli ignoranti». Il tono del messaggio, e la faccia con cui lo ha ripetuto davanti alla telecamere, fanno credere che Trump sia convinto dell’originalità di questo atteggiamento, apparentemente protettivo nei confronti dei «poorly educated», ovvero di quella fetta di popolazione che ha potuto accedere soltanto a studi di basso livello. Una strizzata d’occhio e una gomitata nelle costole, per una complicità interessata e niente affatto sincera: «Sono uno di voi . I vostri nemici sono i miei: quelli che con la scusa dell’educazione e dell’intelligenza complicano le cose allo scopo di confondervi».

Il gioco di Trump, e dei tanti che lo hanno preceduto in questa tecnica, è sovrapporre a bella posta educazione ed elitismo, intelligenza e privilegio, come se, sul piano sociale, queste cose dovessero essere sinonimi, armi affiancate di un complotto teso a schiacciare «la povera gente». Non è così, e alludervi è il trucco più meschino che si conosca in politica e una tecnica di approvvigionamento del consenso che chi abbia visto Celentano in tv almeno una volta non può non riconoscere in tutta la sua sfacciataggine.

Che poi sia possibile usare la cultura a fin di male, è tutto un altro discorso. Di solito, però, basta poco a smascherare gli affabulatori. Ci riusciva benissimo Renzo quando, agli impedimenti dirimenti di don Abbondio, opponeva la sua protesta: «Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?»

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