Il terrore di una volta

Che alcune persone vogliano lasciare la Brianza degli ipermercati per la Siria tormentata dalle bombe è un dato che dovrebbe far riflettere chi parla di qualità della vita, piste ciclabili e metri quadrati di verde pro capite.

A parte l’osservazione leggera, la questione del terrorismo che tra noi germoglia (ammesso che una faccenda del genere possa dedicarsi a un’attività tanto naturale), rimane intatta in tutta la sua serietà, specie dopo l’operazione di polizia annunciata ieri. La quale operazione fa seguito ad alcune sorprendenti dichiarazioni dell’avvocato di Salah, protagonista sopravvissuto degli attacchi di novembre a Parigi: «Il mio cliente è un imbecille, ha l’intelligenza di un portacenere vuoto. È l’esempio perfetto della generazione Grand Theft Auto che pensa di vivere in un videogioco».

Non so quanto sarei felice, personalmente, di pagare il conto a un avvocato che mi paragonasse a un posacenere vuoto (o anche pieno, se per questo) ma è un problema di Salah e dei problemi di Salah, francamente, non me ne può importare di meno. Per me, la difficoltà è quella di associare il profilo dei presunti terroristi fermati ieri - «pronti a colpire anche a Roma» , come è stato scritto - con quella di un ragazzotto incapace di distinguere la realtà dalla finzione, un fondamentalista islamico che, come rivela l’avvocato di cui sopra, «del Corano non ha letto che una sintesi in Rete».

Certo, l’avvocato ha tutto l’interesse a disinnescare le responsabilità di Salah, facendolo passare per un minus habens, e tuttavia la discrepanza resta: si può minacciare il mondo dal basso di un deserto mentale? La follia del terrorismo ci sembrava alimentata da una durezza poggiata su pochi dogmi, sbagliati ma puri, distorti ma severi. Scopriamo che invece si alimenta nell’insipienza della noia occidentale, cresce sui divani piantati davanti alla playstation, ipnotizza occhi fissi ai telefonini. Una volta erano duri e puri. Oggi sono duri e idioti. Ridateci i terroristi di una volta.

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