Il grande equivoco

«Non punte di lance, ma strumenti e utensili per la vita di ogni giorno: questa la funzione delle migliaia di punte di ossidiana presenti sull’isola di Pasqua, che ne riscrivono la storia».

«La civiltà Rapa Nui non sarebbe dunque stata sconvolta da spaventose guerre, che avrebbero spazzato via la sua civiltà, come finora creduto, ma avrebbe vissuto bene fino all’arrivo degli europei. Lo sostengono i ricercatori guidati da Carl Lipo, della Binghamton University di New York».

Riporto questo lungo stralcio tratto da un’agenzia Ansa allo scopo di dimostrare una teoria che, da tempo, va covando nella mia testa, luogo, devo ammetterlo, davvero infelice per una teoria che ambisca a svilupparsi in salute.

La teoria, in due parole, sarebbe questa: gli studi relativi alle civiltà antiche non fanno affatto luce su usi e costumi del passato; al contrario, essi illuminano il presente. Il caso dell’Isola di Pasqua è lampante: ritrovate «migliaia di punte», i ricercatori a noi contemporanei hanno subito pensato che dovessero servire agli antichi per scannarsi tra di loro. Solo uno sguardo più attento - e meno inquinato dalla mentalità corrente - ha potuto dissotterrare, insieme alle punte, anche la verità: si tratta di semplici utensili, che potevano essere impiegati per gli scopi più pacifici, come cucinare, coltivare o, suggeriscono gli archeologi, provvedere ad abitudini ancestrali come disegnare tatuaggi rituali o inoltrare il televoto a X Factor.

Chi, tra secoli e millenni, avrà il privilegio di scavare nelle carabattole della nostra civiltà sarà sottoposto allo stesso test: ovvero, interpreterà ogni reperto secondo il suo imprinting culturale, non il nostro. Magari penserà che siamo stati gente pacifica, oppure tremendi guerrafondai: sarà il suo pregiudizio a decidere per lui.

Pensandoci, però, non possiamo escludere che il nostro presente influenzi in qualche modo il loro futuro. Vorrà dire che saremo tutti complici del grande equivoco della Storia.

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