Arrabbiati e soddisfatti

Credo proprio che stiamo andando tutti fuori di testa. Come vedete, non mi tiro indietro: dico «stiamo andando» perché penso di far parte dell’allegra comitiva dei mattacchioni che, oggi, include tutta l’umanità. Se qualcuno di voi volesse invece chiamarsi fuori, faccia pure: lo invito solo a tener conto di qualche circostanza dubbia.

Da alcuni giorni gira in Rete il video di un tale, definito «controllore», che insulta un immigrato sulla banchina di una stazione della metropolitana milanese: «Sei un pezzo di m...» gli grida più volte. Il giovanotto era colpevole di aver saltato il tornello per non pagare il biglietto. Un altro passeggero riprende la scena in pieno accordo con il «controllore»: si intuisce che l’intento è di immortalare la disonestà dell’immigrato e non la volgarità del «controllore». Nei siti la faccenda è però stata venduta precisamente all’incontrario. Poco importa: ognuno, guardando il video, l’avrà interpretato a seconda delle sue convinzioni e avrà esaltato il controllore e infamato l’immigrato, oppure, altrettanto facilmente, avrà fatto viceversa.

Davanti a tutto ciò io mi dichiaro pazzo perché c’è voluto un bel po’ perché riuscissi a produrre una reazione logica: ma perché il «controllore», se è tale, invece di infamare il giovanotto senza biglietto non gli ha fatto la multa? Non credo che, tutti i giorni, nel controllare i biglietti sui convogli a lui affidati, invece di far pagare la tariffa prevista (con maggiorazione) a chi non ha il “titolo di viaggio” gli rifili un colorito insulto: «Buongiorno signore», «Buongiorno», «Biglietto, prego», «Non ce l’ho», «Pezzo di m...», «Grazie», «Prego, buona giornata», «A lei». Che razza di sistema sarebbe? Insultare l’immigrato non serve di sicuro a fargli pagare, la prossima volta, il biglietto, né a imporre nel nuovo ospite l’idea che questa sia una nazione dove prevale la legalità: un doppio danno alla collettività, dunque. Finita la scena, controllore e immigrato se ne vanno invece per le loro strade, uno razzista, l’altro disonesto. Arrabbiati e soddisfatti di ciò che sono.

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