Bergamo senza confini / Hinterland
Domenica 04 Dicembre 2016
Voglio portar gli spagnoli
a sposarsi a Malpaga
Da Zanica a Valencia, Francesca Brozzoni ha 28 anni e lavora per un’agenzia che organizza matrimoni in Italia. «Tutti puntano a Toscana e Puglia, io su Bergamo». Che lo sport non fosse la sua strada lo aveva capito subito Francesca Brozzoni, 28 anni, di Zanica, da cinque anni di stanza a Valencia. Perché ciò che la affascinava delle professioni del nonno – proprietario di un negozio di articoli sportivi a Solto Collina – e dello zio (Pierluigi Parravicini, allenatore della nazionale femminile di sci) non era la dimensione agonistica, bensì i tanti eventi collaterali che i due, ciclicamente, organizzavano nella cittadina dell’Alto Sebino. La seconda vocazione, quella per la vita al di fuori dai confini italiani, arriva un po’ più tardi ed è la diretta conseguenza di un’altra folgorazione: l’arte. Perché Francesca, allieva dell’istituto Vittorio Emanuele, ha la fortuna di imbattersi in un docente carismatico e dalla cultura sterminata, capace di infondere in lei e nei compagni la sete di sapere.
«Quando mi guardo indietro penso che l’incontro con il professor Diego Bonifaccio (grande protagonista della vita culturale bergamasca, in quanto fondatore della compagnia Sezione Aurea, di cui è attore, costumista, regista e scenografo, ndr) abbia segnato tutto il mio cammino a seguire. La sua passione per l’arte divenne presto anche la mia e mi spinse, a 18 anni, a partecipare al progetto Leonardo: trascorsi un mese a Francoforte, allestendo il calendario di appuntamenti posti a margine di una mostra dedicata alla pittura italiana del Duecento».
È ancora una ragazzina, ma realizza che quello è il lavoro che vuole fare da adulta e che, per svolgerlo ad alti livelli, è indispensabile parlare un inglese fluente. Dopo il diploma svolge il servizio civile in biblioteca, per poi compiere il grande passo. «Per due anni ho vissuto a Londra, guadagnandomi da vivere come au pair, commessa, cameriera e barista. Ho diviso casa con dieci coetanei e vanto persino un coinquilino famoso: Marc Pickering, il bambino di “Sleepy Hollow”, il film con Johnny Depp. Nell’ultimo periodo londinese sono stata arruolata come tata da una famiglia romana: sono stati loro – professionisti affermati ed estremamente colti – a spronarmi affinché mi iscrivessi all’Università».
A 23 anni si immatricola a Lettere in Città Alta e, al contempo, lavora alla Centax di via Pignolo. Ma quando spunta il nome di Valencia tra le sedi Erasmus, non ci pensa un secondo e spicca il volo, decidendo di eleggerla a suo domicilio una volta discussa la prova finale della laurea triennale. «Anche perché qui è attivo un master in “Protocollo e organizzazione di eventi”: ed era l’ambito in cui mi volevo specializzare. Ciò che più mi ha colpito del sistema scolastico spagnolo è che, a differenza di quanto avviene in Italia, non si impara esclusivamente sui libri, ma facendo continui tirocini, esercitazioni, laboratori. Ad esempio, abbiamo contribuito alla pianificazione di una partita della Copa del Rey, e a indottrinarci in tema di protocollo della Casa reale è stato il capo dello staff dei Borbone. Il corso post laurea mi ha permesso di lavorare alla Feria de Valencia per l’equivalente di Pitti Bimbo: ho conosciuto Agatha Ruiz de la Prada, stilista che detta legge su scala mondiale per quanto riguarda la moda bimbo».
Di recente è stata assunta da un’agenzia che organizza matrimoni di spagnoli in Italia. «Per loro il massimo è sposarsi in Toscana o Puglia, ma io vorrei dare il «la» a una nuova tendenza: le nozze al Castello di Malpaga, che trovo meraviglioso. Continuerò comunque ad occuparmi di cultura: sogno di creare un gemellaggio tra le mie due città, portando qui una pièce che veda protagonista il nostro Arlecchino. Del resto Valencia è molto dinamica e ricettiva: ospita festival di teatro sperimentale, rassegne jazz, operistiche e cinematografiche».
Difficile da credersi, ma ci sono un paio di cose che accomunano la Città dei Mille alla Patria della paella. «I valenciani parlano abitualmente il loro dialetto, ritenuto ostico dai più: ma io li capisco alla perfezione, poiché somiglia al bergamasco! Ad esempio, si dice “che te fet” per chiedere “cosa stai facendo?”. Come se non bastasse, gli abitanti hanno un non so che di orobico: sono piuttosto chiusi, diffidenti nei confronti degli stranieri. Tendono a far gruppo tra di loro: tant’ è che, sebbene risieda qui da cinque anni, non ho amici autoctoni». Francesca sottolinea a più riprese come il capoluogo della costa orientale non abbia nulla da invidiare, in quanto a fascino, ad altre mete iberiche turisticamente più inflazionate. «Nonostante sia terza per grandezza - dopo Madrid e Barcellona - è la prima meta Erasmus: ne deriva un’ atmosfera cosmopolita, stimolante.
Ogni giorno si conosce gente nuova, soprattutto durante le festività locali: su tutte “las Fallas”, che si celebra in onore di San Giuseppe, con il centro gremito di sculture in cartapesta e spettacoli pirotecnici ogni sera. È un posto gioioso, in cui si fa sempre “fiesta”: sono convinta che il clima che si respira, così positivo e propositivo, sia merito del sole, che risplende 365 giorni l’ anno. Quello, sommato all’ essere circondati da splendide spiagge e il potersi spostare da un punto all’ altro in bici (pagando soltanto 25 euro annui per usufruire del bike sharing), la rendono la città ideale in cui vivere. Stando qui ho imparato cosa significhi “disfrutar de la vida” (godersi la vita, ndr)».
Stare lontano da casa, conclude Francesca, le ha insegnato ad apprezzare Bergamo. «C’ è stato un momento in cui, cedendo all’ insistenza dei miei genitori, ho persino contemplato di far definitivamente ritorno: mi sono messa a mandare mille mail per trovare lavoro, ma puntualmente le proposte che ricevevo si traducevano in stage gratuiti o assunzioni a tempo determinato con stipendi da massimo 1.200 euro al mese. Come posso pensare di rimettere radici in Italia, a queste condizioni? Faccio visita alla mia famiglia quattro volte l’ anno, ma ammetto che mi auguro di rimanere qui per sempre: sarebbe il luogo ideale per metter su famiglia. E poi, grazie a Ryanair, non c’ è spazio per la nostalgia: mi basta salire su un aereo e in meno di due ore sono a Zanica».
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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