Ritorno al futuro
contro il Parkinson

È strano sentirsi dire da un giovane che vorrebbe, a breve, ritrovarsi disoccupato. Sarebbe invece uno dei più grandi sogni per Maurizio Facheris: 40 anni, di Monterosso, vive a New York da tre anni ed è direttore associato per Programmi di ricerca alla «Fondazione Michael J. Fox» per la ricerca sul Parkinson.

La Fondazione no profit è stata creata nel 2000 dall’attore Michael J. Fox, il celebre protagonista di «Ritorno al futuro» affetto dall’età di 29 anni dalla malattia di Parkinson, e si occupa di finanziare progetti di ricerca sulla malattia proprio con l’idea «di chiudere i battenti il più fretta possibile». È per questo che Maurizio e i suoi colleghi, scherzando (ma non troppo) tra loro, dicono di volere con tutte le loro forze diventare al più presto disoccupati, perché ciò significherebbe aver trovato una cura per il Parkinson.

Sul punto la fermezza e insieme il cuore di Maurizio si fanno sentire: «Sono convinto che prima della fine della mia vita una cura per il Parkinson si troverà». Confessa che i colleghi lo definiscono un «ottimista patologico», visto l’entusiasmo che porta sempre con sé in quello che fa: «Negli ultimi anni – spiega – ho visto progressi incredibili. Siccome la Fondazione è diventata la più grossa agenzia privata di finanziamento al mondo per i progetti di ricerca sul Parkinson, moltissime nuove proposte passano al nostro vaglio prima ancora che si sentano alla televisione o si leggano sui giornali. Uno dei nostri obiettivi è velocizzare lo sviluppo di nuove terapie. Per esempio, nel 2013 la Fondazione ha finanziato un progetto sullo sviluppo di un vaccino contro una proteina “tossica” nei malati di Parkinson che nell’estate del 2014 ha completato la prima fase di sperimentazione clinica rivelandosi sicuro e ben tollerato negli esseri umani. E tanti altri progetti stanno entrando in sperimentazioni cliniche. Se tutto va bene, nel 2016-2017 potrebbero essere disponibili nuovi farmaci per migliorare i sintomi del Parkinson, ma sono convinto che dal Parkinson si potrà guarire».

Maurizio è nato a Seriate, ma da quando ha sei anni ha vissuto nel quartiere di Monterosso. Diploma al liceo scientifico «Mascheroni», laurea in Medicina a Brescia (con un’esperienza negli ospedali del Terzo mondo), Scuola di specializzazione in Neurologia alla Bicocca di Milano. Il quarto dei cinque anni di specializzazione l’ha trascorso già negli Stati Uniti, alla Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota. Finita la Scuola di specializzazione è tornato in Minnesota per completare il Master cominciato durante la sua prima permanenza. Quindi, per quattro anni ha lavorato all’Ospedale San Maurizio e l’istituto di ricerca Eurac di Bolzano.

«È stata una bellissima esperienza – commenta Maurizio –. A Bolzano mi occupavo praticamente solo di Parkinson, sia dal punto di vista clinico che della ricerca. Negli Stati Uniti avevo conosciuto la realtà del Geo – Pd (Genetic epidemiology of Parkinson disease), un consorzio internazionale per la ricerca sui fattori di rischio per la malattia di Parkinson, e mi sono posto l’obiettivo, poi raggiunto, di far partecipare anche Bolzano. Ed è proprio ad uno dei congressi annuali del consorzio – racconta – che cominciarono una serie di contatti con i responsabili della Fondazione: nel 2011, dopo una serie di colloqui, partii per New York per iniziare il mio lavoro in questa importante realtà».

Alla Fondazione si rivolgono Università di tutto il mondo, industrie, case farmaceutiche, il governo americano e fondazioni private, che propongono progetti di ricerca e chiedono un aiuto economico. La Fondazione, e in particolare Maurizio e gli altri ricercatori, decide quali sono i progetti migliori e attiva il finanziamento, che deriva dalle donazioni di privati.

«Una parte dei finanziamenti – spiega Maurizio – viene dedicata a capire a fondo la malattia, un’altra si occupa di migliorare l’aspetto terapeutico. Ci interessiamo sia delle terapie sintomatiche, cioè di quelle che agiscono, per alleviarli, sui sintomi del Parkinson (il tremore o la rigidità, per fare solo degli esempi), sia sulle terapie che possono modificare il corso della malattia: rallentarla, fermarla, e addirittura farla regredire. È un obiettivo che, sono sicuro, si può raggiungere. I finanziamenti – spiega – non sono però l’unico modo per contribuire alla ricerca. Senza la partecipazione ai test clinici da parte di pazienti o volontari sani, non saremmo in grado di portare risultati. Per questo la Fondazione Fox ha attivato anche in Italia un portale Internet dove gli studi clinici sul Parkinson possano essere elencati in modo tale da facilitare la partecipazione di coloro che fossero interessati (FoxTrialFinder, https://foxtrialfinder.michaeljfox.org)».

Dopo questo racconto appassionato, alla domanda se tornerà mai in Italia Maurizio risponde: «Mai dire mai. Non sono andato negli Stati Uniti per allontanarmi per principio dall’Italia. Gli Usa sono il Paese che investe di più in ricerca e i miei colleghi provengono da tutto il mondo: là hanno un metodo per far ricerca a mio parere eccellente, e il mio lavoro mi appassiona, mi dà grandi soddisfazioni. Ma sono capitato là per caso, perché ho trovato un’occasione interessante. Non so se tornerò in Italia, se troverò la giusta occasione può essere che faccia questa scelta».

Sarebbe bello che ogni decisione sia presa da Maurizio solo una volta disoccupato, perché vorrebbe dire che la Fondazione ha trovato una cura per tutti i malati di Parkinson.

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della Comunità Bergamasca. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a [email protected] o cliccate qui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA