La passione fin da piccolo
Da Piario egittologo al Cairo

«Mia mamma ricorda sempre divertita un disegno fatto quando ero un bambino di pochi anni, una “Morte di Cleopatra” con tanto di serpente e seno nudo. Non si capacita come potessi aver assorbito quel tipo di informazione. Il fatto è che fin da piccolo avevo la fissa per il mondo antico e gli egizi in particolare. Leggevo tantissimo, ero affascinato soprattutto dalle immagini e dalle illustrazioni. Da adolescente avevo creato un album di ritagli con gli antichi dèi egizi e dei geroglifici e avevo divorato “Civiltà sepolte” di Ceram, “Tutankhamon” di Howard Carter e “I faraoni” di Peter Clayton. Il primo viaggio in Egitto è stato con i miei prima di iniziare l’università: hanno insistito affinché fossero loro i primi a portarmi in Egitto, sempre incoraggiandomi a fare quello per cui avevo passione». Daniele Salvoldi, originario di Piario, racconta così la sua passione per la storia, l’archeologia e l’Egitto.

Una passione davvero innata. Una di quelle rare, che ti portano dritte sulla tua strada e che nel caso di Daniele lo ha portato a vivere e lavorare fuori dall’Italia, in Germania prima e in Egitto poi, dove oggi risiede con la moglie Monica, egiziana, conosciuta nel corso di una campagna di scavo dell’Università di Pisa in Egitto («diciamo sempre che ci siamo conosciuti in un’antica tomba egiziana, molto romantico»), e la figlia Maya, nata nel 2014.

Nonostante abbia solo 38 anni, Daniele ha già una carriera ricca di soddisfazioni. «Ho conseguito una laurea triennale in Scienze storiche e archeologiche dell’antichità con una tesi in Egittologia presso l’Università degli Studi di Milano nel 2004. Nel 2006, poi, la laurea magistrale in Lingue e Culture del Vicino e Medio Oriente, sempre con tesi in Egittologia, presso l’Università di Pisa. E nel 2011 un dottorato di ricerca in Egittologia, sempre a Pisa. Tra la laurea specialistica e il dottorato ho lavorato come archeologo fra Bergamo, Brescia e Verona. In quel periodo, nel 2007, ho anche condotto uno scavo a Piario per conto della Soprintendenza, sotto la direzione della dottoressa Maria Fortunati, quando abbiamo documentato le tombe medievali e moderne del vecchio cimitero attorno alla chiesa (XV-XVIII secolo)».

Nel 2011 il primo periodo all’estero. «In quel periodo stavo facendo una ricerca d’archivio sui documenti d’inizio Ottocento di un importante viaggiatore, studioso e politico inglese, William John Bankes. Ho vissuto, con mia moglie, sei mesi nel Regno Unito grazie a una borsa dell’Accademia dei Lincei. Nel gennaio 2012, poi, ci siamo trasferiti in Egitto, dove ho lavorato in una scuola di lingue, insegnando italiano, mentre mia moglie alternava l’attivismo per la protezione delle antichità in Egitto (vittime di saccheggi e speculazione) a un insegnamento all’Università Americana del Cairo. Nel frattempo continuavo a scrivere articoli scientifici, partecipare a conferenze e cercare fondi per progetti di ricerca». Poi il trasferimento in Germania. «Nel 2014 ho vinto un concorso per condurre una ricerca alla Freie Universität di Berlino. E praticamente lo stesso giorno abbiamo saputo di aspettare una bambina. Così a maggio 2014 sono partito per la Germania, da solo, mentre mia moglie rimaneva al Cairo per la gravidanza. Purtroppo è un duro aspetto del nostro lavoro: spesso le posizioni accademiche dei partner si trovano in posti molto lontani. Berlino è una città fenomenale, ricca di ispirazione e calore. Lì ho trovato veri amici. Poi l’università berlinese è un posto eccezionale dove lavorare. Mentre ero a Berlino ho anche pubblicato il mio primo libro, un testo divulgativo sull’Egitto romano edito per Arkadia».

Nel 2016 il rientro in Egitto. «La Facoltà di Architettura dell’Accademia della Lega Araba per la Scienza, la Tecnologia e il Trasporto Marittimo aveva bisogno urgente di qualcuno che insegnasse storia dell’architettura antica e così ho colto l’occasione di rientrare in Egitto dalla mia famiglia. Nel frattempo, però, mia moglie è diventata la preside fondatrice della Facoltà di Archeologia e Beni Culturali ad Assuan. E così, mentre io rientro al Cairo, lei si trasferisce metà della settimana 800 chilometri più a sud, ad Assuan. Ora dal 2016 insegno architettura dell’antico Egitto, architettura greco-romana e storia dell’architettura in Egitto presso l’Accademia e da quest’anno anche introduzione all’architettura dell’antico Egitto presso l’Università Americana del Cairo».

Daniele vive sia i pregi sia i difetti dell’Egitto. «È un paese molto interessante. Per un egittologo è il paradiso. Prima che scoppiasse la pandemia viaggiavo spesso (ora siamo a casa da marzo e faccio didattica a distanza). Ho visitato molti angoli remoti del paese, dalle montagne del Sinai all’Oasi di Siwa, dalla Nubia egiziana al Fayyum, dalle città del Delta a quelle del Canale di Suez. Ovunque ci sono cose da scoprire di enorme valore storico e culturale (non solo dell’antichità), ma non sempre sono valorizzate al meglio. Visto che mia moglie è egiziana mi è stato facile integrarmi. È una popolazione giovane con un enorme potenziale di creatività, ma ci sono anche grossi problemi. Il divario tra ricchi e poveri è alto, ad esempio. Anche qui, poi, come in tanti altri paesi, ogni tanto si ripresenta il terrorismo, che lascia quindi un senso di insicurezza. E ci sono delle logiche per cui alcune zone sono inaccessibili e non-fotografabili. Penso poi spesso al povero Giulio Regeni».

E il futuro? «L’Italia e Bergamo mi mancano. Torniamo volentieri a casa dei miei a Piario. Il verde, il clima mite, il cibo italiano che non ha eguali, la libertà di vestirsi come si vuole, il poter parlare dialetto ogni tanto. Sia io sia mia moglie non escludiamo né un ritorno in Italia né un trasferimento altrove, possibilmente in Europa, vicino alle nostre famiglie. Intanto mi dedico all’insegnamento, che mi gratifica molto, e sto scrivendo altri due libri: uno sulla Nubia antica e uno su un piccolo tempietto egiziano andato distrutto nel 1822».

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