Dalla Squadra Mobile all’Interpol
per dare la caccia ai terroristi

di Elena Catalfamo
Dalla Squadra Mobile all’Interpol per dare la caccia ai terroristi. È la storia della vita di Angelo Bani, 49 anni, agente della Polizia a Bergamo negli anni Novanta: è entrato a far parte dell’organizzazione internazionale a Lione.

Esiste una regola nel mondo delle relazioni internazionali che si chiama «chatham house». È un patto non scritto di rispetto della confidenzialità nello scambio di alcune notizie altamente riservate. È così dagli anni Venti, da quando l’accordo fu siglato al Royal Institute of International affairs, la Chatham house appunto di Londra. Ho incontrato Angelo Bani in un bar un paio di settimane fa e, anche se non mi è stato esplicitamente richiesto, ho capito che, da quando ha iniziato a raccontarsi, ha dato per scontato che io rispettassi quella regola siglata dai tempi dei gentlemen londinesi. A Bergamo ritorna di rado: ci è passato per riconsegnare il distintivo. Quello che lo ha accompagnato lungo gli anni da ispettore alla Squadra Mobile prima e all’Interpol poi e che lo ha portato a specializzarsi nel contrastare il terrorismo a livello internazionale. Ma nel suo futuro c’è l’impegno come consulente del World economic forum (in questi giorni è in Nigeria per garantire la sicurezza in un vertice internazionale ad alto rischio) e dell’Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine (Unodc), nonché di formatore per le nuove leve in accademie di polizia e università del mondo.

«In realtà all’inizio – spiega un po’ divertito – ho frequentato la Scuola alberghiera di San Pellegrino, un periodo bellissimo, poi però gli ideali… Sono entrato nella scuola di polizia, poi il corso per ispettori e i primi incarichi alle Volanti a Milano e nella Squadra Mobile di Bergamo». Sezione Rapine ed Omicidi, Narcotici… Da Bergamo a Milano, e poi a Roma… «La capitale ti apre un sacco di opportunità – racconta –: ho chiesto di poter prestare servizio all’Interpol».

«L’Interpol – spiega – è un centro di coordinamento e di contrasto al crimine internazionale che favorisce le comunicazioni operative tra i corpi nazionali di polizia di 190 Paesi nel mondo. Il quartier generale si trova a Lione nel complesso della Cité internationale ideata da Renzo Piano: la prima volta che ci andai per sostenere il colloquio di selezione notai che alle due estremità si trovano da una parte la sede dell’Interpol e dall’altra una sala teatrale con acustica per performance di alto livello. Mi venne da pensare che entrambi i luoghi mettono in scena il mondo, anche se con colori diversi».

È da Lione che Angelo inizia a mettere in connessione (parla francese, inglese e spagnolo) i colleghi di tutto il mondo per rintracciare criminali in fuga. Da qui poi viene assegnato a numerosissime missioni speciali come per esempio quella legata agli attacchi terroristici di Mumbai del 2008, che hanno coinvolto anche Brescia. «Con i colleghi a Mumbai siamo risaliti alle tracce dei pagamenti delle utenze dei terroristi: partivano da un’agenzia di money transfer di Brescia. Ho allertato la Direzione centrale della polizia criminale a Roma e i colleghi di Brescia; la Digos, grazie a qualche appostamento, ha fermato i responsabili. È un semplice esempio che cito spesso nei training per esperti per far capire come, per contrastare la criminalità, è importante operare in campo internazionale in comunicazione diretta con altre forze di polizia e far circolare le informazioni. Non possiamo più permetterci di guardare ognuno nel proprio orticello». Le missioni si moltiplicano: da quella recentissima per arrestare un noto boss mafioso latitante a Bangkok a quella a Baghdad per fermare due attentatori pronti a far saltare un autobus carico di tifosi danesi ai Mondiali in Sudafrica. «Due indagati legati ad Al Qaeda si fecero esplodere nella loro abitazione prima del nostro intervento. In casa trovammo documenti relativi al complotto e la cintura, intatta, pronta per il futuro attentato – ricorda –. Una cintura di un noto stilista “preparata” per contenere 800 grammi di esplosivo».

Da Lione Bani è poi volato in Thailandia, base Bangkok, dove ha coordinato la task force antiterrorismo dell’ Interpol per 27 Paesi del Sud Est asiatico e le isole del Pacifico. Intanto non ha smesso di studiare, frequentando un corso di Filosofia politica a Oxford e specializzandosi al Centro per gli studi sul terrorismo e la violenza politica della St. Andrews university. Oggi, a 49 anni, sta ultimando un master in Giustizia penale internazionale alla Portsmouth university. «Ma alla fine il mio lavoro non è stato poi così diverso da quello di un qualsiasi agente della Mobile di Bergamo – dice –: il raggio d’azione è un po’ più grande, ma le dinamiche sono le stesse».

A Bergamo ormai Angelo torna solo per rivedere sua mamma. «Che cosa mi manca? Ol salam nostrà, non solo per il sapore che ha, ma soprattutto perché è il cibo dei miei ricordi». Da quand’era ragazzino non ha perso la passione per la cucina (è un bravo cuoco), la semplicità di chi guarda il mondo dal basso e il senso dell’ironia. Però se gli si chiede se ha mai avuto paura, alza le spalle e racconta un’altra avventura. I suoi occhi hanno un guizzo indecifrabile, ma devono averci risparmiato molto del peggio dell’umanità che gli è sfilata davanti, quella sepolta sotto la regola della «chatham house». Della sua vita privata parla poco. «Con il lavoro che faccio non è facile farsi una famiglia».

Oggi prosegue la sua collaborazione con il World economic forum (Wef), la fondazione in cui siedono i governi e le multinazionali del mondo. Per il Wef Bani fa analisi delle minacce, «segnali antagonisti» come li chiama lui, e coordina le informazioni di intelligence collegate ad attentati terroristici. Per esempio sulle stragi con autobomba dei giorni scorsi ad Abuja (dove si trova ora) in Nigeria ad opera dei Boko Haram (gli estremisti islamici) e dove il Wef terrà da mercoledì una conferenza internazionale che richiederà misure di sicurezza eccezionali. E il futuro? Chissà, di certo non è uno che ama fermarsi.

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