Bergamo senza confini / Bergamo Città
Domenica 23 Dicembre 2018
Da Bergamo a Edimburgo,
«l’impastatore vagabondo»
«C’è stato un momento, quando sono tornato a vivere a Edimburgo per la seconda volta, nel 2013, in cui ho capito che questa era casa mia, per davvero. Me lo ricordo come se fosse ieri, anche con un po’ di nostalgia in realtà. Avevo le cuffie per ascoltare la musica e stavo aspettando il bus. In quell’istante ho realizzato che questa città e queste strade sono casa. E per me è stato strano realizzare una cosa simile visto che mi ero sempre sentito senza un posto a cui appartenere, un po’ fuori luogo nella mia terra natale». A raccontarlo è Francesco Bani, ventiseienne originario di Martinengo, che da ormai quasi 7 anni vive e lavora a Edimburgo, in Scozia.
«Qui sono maturato e cambiato tanto, sia come persona, che dal punto di vista della carriera. Sono arrivato a 19 anni che ero solo un ragazzino arrabbiato con la foga di volercela fare, in cosa non lo so, e ora sono un uomo di 26 anni che sa quali sono le sue priorità nella vita e lavora per raggiungerle».
Francesco ha lasciato la Bassa bergamasca nel 2012. «Non riuscivo a trovare il mio posto, ad ambientarmi, e la scuola non faceva per me. Soffrivo per questo. Così a 18 anni ho abbandonato gli studi e ho iniziato a lavorare come pizzaiolo alla “Locanda del Santo Bevitore” a Cortenuova. Messi da parte dei soldi, a 19 anni sono partito per Edimburgo. La prima volta ci sono rimasto un annetto. Un rapporto d’amore e odio con la città per un ragazzino spaventato della propria ombra. È servito tempo per abituarsi. All’inizio sono stato come pizzaiolo nel ristorante-pizzeria “La Favorita”, uno dei più rinomati di Edimburgo, e, dopo qualche mese, sono diventato caposquadra del reparto pizzaioli. Ho anche aiutato i proprietari ad aprire nuovi punti vendita in città».
Nel 2013 il rientro in Italia e la nuova partenza. «Sono tornato a casa, vero, ma solo qualche mese, perché Edimburgo mi mancava. Avevo capito che quella città mi avrebbe dato le possibilità che cercavo. Neanche a farlo apposta “La Favorita” mi offrì la possibilità di tornare e gestire uno dei punti vendita». Nel 2015 la svolta lavorativa. «Ho conosciuto Robin, un trentenne scozzese che voleva aprire una pizzeria in centro, sotto il castello di Edimburgo, ma che non aveva esperienza. Mi ha proposto di lavorare con lui a questo progetto e ho accettato. Così insieme abbiamo creato “Dough”». Per «Dough», Francesco, ha creato il menù, ha progettato il design, ha curato i social media e ne ha seguito il marketing, creandone l’essenza e inventandosi un nuovo ruolo nella propria carriera. «Facevo anche i colloqui, assumevo e insegnavo a ragazzi senza esperienza un mestiere e l’etica lavorativa. Cercavo di dargli una possibilità di scenario e rassicurarli che, soprattutto a quell’età, è normale sentirsi un po’ persi, come mi ero sentito io anni prima. Avevo finalmente realizzato quello che avevo in testa, prendere un lavoro talmente semplice e creare un mercato completamente nuovo, che mi desse la possibilità di esprimere la mia potenzialità in diversi ambiti e che mi desse l’occasione di toccare la vita delle persone con i ragazzi a cui insegnavo. Ho collaborato con Robin fino al 2017, aprendo due negozi e una cucina industriale. Eravamo molto uniti e questo era la chiave del nostro successo. Poi, gradualmente, abbiamo iniziato a pensarla diversamente sul futuro dell’azienda, fino a separarci».
Da questa esperienza, però, Francesco ha potuto trarre degli insegnamenti e ripartire nella sua carriera lavorativa. «Dopo tanti anni a dover sempre e per forza provare a me stesso e a tutti che avrei potuto costruire il mio futuro, mi sono fermato. Ho riflettuto su cosa potevo imparare da quella situazione e cosa avrei voluto fare in futuro. Ho realizzato che come dipendente avevo raggiunto l’apice nel mio campo, con “Dough”, e avendo dei giustificati problemi di fiducia, derivanti da quella esperienza, ho deciso di prendermi un periodo per lavorare per me stesso e su me stesso».
Nell’inverno scorso Francesco ha così creato due compagnie, in due ambiti completamente diversi, e ne ha in progetto altre due da lanciare nel 2020. «Volevo qualcosa in cui mettere le mani e da poter ricostruire. Così dopo tante ricerche ho investito su un furgone del ’98, con a bordo un forno a legna, e dopo averlo sistemato e reinventato mi sono messo in strada a cucinare pizze con “Wanderers Kneaded”, l’impastatore vagabondo. È un’azienda basata sulla cultura hipster e irriverente: dal menù, al design. Ho iniziato a maggio 2018 e va molto bene. Nel 2019 lancerò Mad Fam, un brand di abbigliamento, un modo per dimostrarmi che so fare altro. E nel 2020 ho intenzione di mettere sul mercato altri due furgoni food truck, non di pizza però, sempre nell’ambito street food, ma diversi. L’obiettivo è iniziare le attività, farle funzionare e poi vedere cosa riserva il futuro, venderle o delegarle».
Francesco racconta la sua crescita lavorativa e umana con tanta passione. La stessa che ha per tutto ciò che fa nella vita. «Uno dei miei mantra? Fai una cosa, falla bene, falla con passione. E questo lo applico in tutto. In cucina, ad esempio, quando metti sul piatto te stesso, la gente lo riconosce, lo apprezza. Ed è ciò che faccio». Il suo futuro, Francesco, se lo immagina a Edimburgo. «Qui mi trovo molto bene, ancora con quel senso di appartenenza di quel ragazzino diciannovenne. Gli scozzesi sono persone semplici, ma oneste. Non hanno secondi fini, non c’è niente dietro quello che ti dicono. È una cosa che ti lascia molto rilassato. I genitori, i miei cari e i miei amici, mi mancano, ovvio. A volte, senza loro, mi sembra che tutto questo abbia meno significato, ma poi mi ricordo che sono sempre dalla mia parte, che sono comunque con me. Ormai a Edimburgo ho messo radici e anche se il lavoro mi dovesse portare altrove se c’è un posto in cui mi vedo invecchiare è proprio qui».
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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