«Da Bergamo a Boston
per la medicina orale»

La sintesi, per la storia di Alessandro Villa, è che lui il bergamasco nel mondo ci è finito a farlo perché in Italia, dove sogna di tornare a lavorare, non c’era (e non c’è, almeno per il momento) spazio per la sua professione, che invece in alcuni paesi esteri ha cattedre universitarie dedicate e offre importanti prospettive di crescita lavorativa.

Classe ‘84 (in famiglia è l’unico maschio fra tre sorelle), cresciuto a Bergamo città e diplomato al liceo scientifico Mascheroni, Alessandro si è trasferito subito dopo la maturità a Milano, dove ha studiato odontoiatria alla Statale, con un’esperienza negli ultimi anni di studi all’Ospedale San Paolo. Ha lavorato anche nello studio dentistico del padre, a Bergamo, ma il rapporto con l’università è rimasto sempre vivo.

«Ho sempre avuto una passione per la medicina orale – spiega Alessandro –, nata guardando mio padre al lavoro e seguendo uno dei miei professori a Milano. La medicina orale è una branca dell’odontoiatria che si occupa di lesioni delle mucose e di pazienti medicalmente compromessi: tratta per esempio infezioni, patologie dei mascellari, malattie autoimmuni e lesioni pre-cancerose. Per certi aspetti è come se fossi il “dermatologo della bocca”. Grande attenzione è data alle complicanze orali di trattamenti oncologici, per questo una parte consistente di questa disciplina è composta dall’oncologia orale».

Chi rimanesse disorientato riguardo a questa descrizione non sbaglierebbe, perché in Italia si tratta di un settore «di nicchia».

«In Italia la medicina orale non è molto diffusa – conferma Alessandro –. Chi se ne occupa è specializzato in qualche altra disciplina e ha fatto corsi aggiuntivi. Per trovare una figura specializzata in medicina orale bisogna andare nel Regno Unito o, fuori dall’Europa, negli Stati Uniti, in Canada o in Australia. Per questo in ospedale, a Bergamo e a Milano, l’ho sempre praticata da medico volontario, ma lo facevo volentieri».

«Dopo la laurea – prosegue Alessandro – ho cominciato a frequentare un dottorato con l’Università di Sassari, che era gemellata con Milano. Poi mi sono spostato negli Stati Uniti al National Institute of Health (l’equivalente del nostro Istituto superiore di Sanità), più precisamente nel National Cancer Institute a Bethesda, nello stato del Maryland, per frequentare un percorso post-dottorato di un anno. È stata una bellissima esperienza, durante la quale ho studiato la relazione tra il papilloma virus e il cancro dell’oro-faringe».

Ma Alessandro aveva deciso di specializzarsi ancora di più. «Mi trovavo già qui negli Stati Uniti – spiega – perciò ho provato a mandare una domanda di ammissione alla Harvard school of Dental medicine (a Boston), scuola che è gemellata con la celebre università di Harvard e con il Brigham and Women’s Hospital». Il connubio tra accademia e ospedale, diffuso in America, piace a Alessandro. «Non avevo ancora finito la specialità che già arrivavano offerte di lavoro – racconta –. Ho fatto l’assistant professor alla Boston University, ma poi sono tornato al Brigham». Fino ad arrivare alle posizioni lavorative attualmente ricoperte.

«Dall’agosto 2014 – sintetizza Alessandro – insegno nella scuola di odontoiatria di Harvard e lavoro come specialista di medicina orale nel dipartimento dedicato a questa disciplina del Brigham & Women’s Hospital e nel Dana-Farber Cancer Institute. Faccio tante cose: vedo i pazienti, insegno la medicina orale a medici, odontoiatri e specializzandi, dal 2015 sono direttore della specialità di medicina orale presso l’Harvard school of Dental medicine, e continuo a fare ricerca sull’associazione tra papilloma virus e il cancro o le lesioni pre-cancerose».

Questo mix di mansioni, ma soprattutto la possibilità di occuparsi in strutture così prestigiose della passione di sempre, soddisfa il giovane: «Il mio non è un lavoro noioso – commenta –, bisogna sempre reinventarsi, è molto stimolante». Ma Alessandro vorrebbe portare nel suo paese l’esperienza accumulata negli Stati Uniti: «Mi piacerebbe portare quello che faccio qui in Italia – spiega –. Ci ho provato, per la verità, senza però grande successo: ci sono dinamiche nel nostro sistema difficili da penetrare».

Il discorso ruota sempre attorno allo stesso punto: «L’anno scorso – racconta Alessandro – ho fatto alcuni colloqui con università italiane, ma al momento nel nostro Paese non c’è prospettiva di una crescita lavorativa (il problema non è di tipo economico, sarei disposto a fare sacrifici): anche diversi miei amici fanno fatica a trovare in Europa prospettive nella branca della medicina orale».

Per il momento, quindi, Alessandro rimarrà ancora per un po’ negli States. «Ora – racconta – abito a Boston (Massachusetts), a 25 minuti a piedi dall’ospedale, ho tanti amici italiani che sono venuti qui a fare ricerca e a lavorare (per la maggior parte in ambito medico), ma anche tanti amici americani che ho conosciuto in questi anni. Mi trovo bene, anche se devo dire che per entrare in rapporto con gli Usa ci vuole molto tempo. Pur facendo parte dell’Occidente, le culture degli Stati Uniti e dell’Italia sono molto diverse tra loro: dal punto di vista umano questo è un paese difficile, con valori e mentalità diverse dai nostri».

Nostalgia di casa? «Tutti i giorni – conclude Alessandro –. Di Bergamo mi mancano gli amici, la famiglia e le passeggiate in Città Alta. Se potessi fare il lavoro che faccio qui, in Italia e in particolare a Bergamo, tornerei. Se devo sognare, questo è il mio sogno».

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