Bergamo senza confini / Bergamo Città
Domenica 26 Agosto 2018
Chef dei vip a Saint Martin
«Nei loro piatti i casoncelli»
Fabio Zaninelli, 30 anni da Romano alla Svizzera. Il primo lavoro all’estero alle Antille olandesi. Nelle località sciistiche tra emiri e reali di tutto il mondo. Ho lasciato l’Italia perché volevo provare a fare un’esperienza all’estero, vivere e lavorare in un altro Paese, a stretto contatto con altre culture», racconta Fabio Zaninelli, trentenne originario di Romano di Lombardia. «Certo, quando sono partito nel dicembre del 2009 per le Antille olandesi – spiega –, avevo un contratto di soli sei mesi e non sapevo come sarebbe andata, né immaginavo che otto anni e mezzo dopo mi sarei ritrovato a essere il sous chef di un ristorante di Gstaad, in Svizzera, ma oggi posso dire di essere felice e soddisfatto della mia vita e tutto questo è stato possibile solo grazie a quel primo passo».
Fabio ha conseguito il diploma di tecnico dei servizi ristorativi all’istituto alberghiero di Nembro, nel 2007. «Dopo la maturità – continua il ragazzo –, per un anno e mezzo, ho svolto diversi lavori come cuoco nella provincia di Bergamo, principalmente nel settore del catering e banqueting. Poi ho iniziato a girare per l’Italia: ho lavorato una stagione in Umbria, una in Sardegna e una in Trentino. In questi posti ho sempre lavorato con una cucina mediterranea classica, italiana». A dicembre 2009, poi, la decisione di provare la strada estera. «L’idea di partire l’avevo già maturata da un po’ – specifica Fabio – e quando ho trovato l’annuncio online dell’offerta di lavoro del ristorante La Gondola di David Foini, ristorante di Saint Martin, una piccola isola delle Antille Olandesi, nel mar dei Caraibi, ho deciso subito di candidarmi». Sostenuto il colloquio via Skype con lo chef Matteo Puccini, Fabio è stato assunto. «È successo tutto in poco tempo – continua – e mi sono dovuto trasferire immediatamente. Non sapevo chi avrei trovato dall’altra parte e se mi sarei trovato bene, ma la voglia di partire era tanta e così ho fatto la valigia e sono partito. A Saint Martin ero capopartita in un ristorante di italiani che proponeva cucina italiana. All’epoca era il migliore ristorante italiano dell’isola. Mi trovavo bene al lavoro e c’era anche tanto divertimento, lavoravo e andavo al mare tutti i giorni, stavo davvero bene».
Dopo 6 mesi, a giugno 2010, nonostante una proposta di rinnovo, Fabio ha deciso, però, di cambiare ancora. «Mi hanno proposto il rinnovo per altri tre anni – racconta –, ma ho deciso di non accettare e trasferirmi in Svizzera, a Saint Moritz, dove, tramite una conoscenza, ho iniziato, dalla metà di giugno di quell’anno, a lavorare al Badrutt’s Palace Hotel, un cinque stelle di grande lusso. L’hotel ha in tutto 7 ristoranti al suo interno, ma io lavoravo nel ristorante Chesa Veglia con lo chef Andrea Panatti, che è quello più modaiolo, dove i clienti che vengono a mangiare sono principi, principesse, emiri del Qatar, multimiliardari russi, possidenti dell’India, attori, come Sylvester Stallone o Michelle Hunziker, e famiglie dell’imprenditoria italiana, come gli Agnelli».
A Saint Moritz Fabio ha lavorato per tre anni e mezzo, prima come aiuto cuoco e poi come capopartita, fino a settembre 2013, occupandosi di antipasti, primi piatti e pasticceria.
«In seguito mi è stato proposto – continua Fabio – di trasferirmi a Champfer, località vicina a Saint Moritz, e di lavorare al Talvo, affiancando lo chef stellato Martin Dalsass. Ovviamente ho accettato e da dicembre 2013 a gennaio 2014 sono stato il suo aiuto cuoco, occupandomi principalmente di primi piatti. Dopo due mesi, però, lo chef mi ha chiamato dicendomi che aveva una proposta per me: aveva aperto un ristorante a Gstaad, il Basta by Dalsass, all’interno dell’Hotel Bernerhof, e la sua intenzione era quella di mandarmici a lavorare come capopartita. Cosa ho risposto? Di sì». Dal 1° febbraio 2014, quindi, fino a fine settembre 2015, Fabio ha lavorato come capopartita al Basta, a fianco dello chef Loris Meot. «Il ristorante di Dalsass – spiega – è uno dei quattro presenti all’interno dell’Hotel Bernerhof e propone una cucina mediterranea, al 100% italiana e di altissima qualità. Anche qui, la clientela che frequenta il locale ha possibilità economiche elevate, ed è gente come Bernie Ecclestone, i principi di Montecarlo, la Reale famiglia di Savoia, Anne Hathaway, Valentino, Roger Moore. Ovviamente seguivo le linee della cucina di Dalsass, ma mentre lavoravo lì ho introdotto nel menu i casoncelli alla bergamasca, burro, salvia e pancetta, che sono stati molto apprezzati dai nostri clienti milionari».
A settembre 2015 Fabio avrebbe voluto cambiare per fare nuove esperienze. «Dopo un anno e mezzo – continua il ragazzo – volevo provare qualcosa di diverso, ma l’hotel Bernerhof alla guida di Brigitte e Thomas Frei mi ha proposto di rimanere, sempre come capopartita, cambiando, però, ristorante. Dal Basta sono passato a lavorare in due degli altri tre ristoranti presenti all’interno dell’Hotel Bernerhof: allo Staffel, che propone cucina internazionale, e a La Gare, che propone, invece, una cucina tipica svizzera, a base di fondue di formaggio e pregiate salsicce. Le sale dei due ristoranti sono attaccate, anche se separate, ma la cucina è in comune, così io lavoro indifferentemente per entrambi. Poi dal 1° gennaio del 2018 sono stato promosso a secondo chef dell’Hotel Bernerhof, così ora, oltre ad affiancare lo chef Marcel Reist e cucinare, provo nuovi piatti, aiuto i colleghi nei processi produttivi, realizzo ricette e mi occupo degli ordini della merce. Ho anche introdotto nel menu il coniglio al forno alla bergamasca con polenta della nonna. Mi piace quel che faccio, perché non ho un ruolo fisso, passo dai primi, ai secondi, ai dolci senza problemi, il tutto però è all’insegna dell’alta qualità. Qui c’è un lavoro di un certo tipo, anche perché la clientela è esigente, poiché ha tutto, anche lo chef privato, e non puoi permetterti errori, nemmeno piccoli, devi curare tutto nei minimi particolari».
In Svizzera Fabio ha trovato il lavoro e la vita che cercava e non pensa al rientro in Italia, almeno per ora. «Qui mi trovo molto bene – spiega –, è tutto bellissimo. C’è precisione e puntualità in ogni cosa, e questo mi piace molto. Inoltre qui la serietà è vista come una risorsa e non come un costo, come invece avviene in Italia. È la mentalità e l’approccio al lavoro a essere diverso. Poi dove vivo io è ancora più bello, visto che qui c’è turismo d’élite e niente può essere fuori posto. A tornare a Romano ora non penso, anche se la nostalgia di casa c’è, così come della famiglia e degli amici. Ogni tanto, mi manca persino la nebbia, quella che quando sei in auto non vedi a due metri. Certo, Bergamo come città è affascinante ed è la mia terra, ma dal punto di vista lavorativo non mi ha mai attirato, nonostante ci siano ottimi ristoranti e ristoratori, e per ora non intendo tornare, anche perché mi trovo molto bene dove lavoro».
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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