Bergamo senza confini / Pianura
Domenica 20 Novembre 2016
Alberto, fisico al Cern
«Qui aiutiamo l’uomo»
Alberto Belloni. da Treviglio a Ginevra a 38 anni lavora al fianco della direttrice Fabiola Giannotti. «Ideato qui il web, ma anche cure contro i tumori».
«Si dice che un bravo fisico debba saper spiegare quel che fa alla propria nonna» racconta il trevigliese Alberto Belloni, 38 anni, scienziato al Cern di Ginevra e docente di Fisica sperimentale all’Università americana del Maryland: «Al Cern, più di 10 mila fisici e ingegneri studiano le interazioni tra le particelle elementari di cui è composta la materia. Individuare come si producono e come decadono è essenziale per comprendere la struttura del nostro universo e aiutare a ricostruire cosa è successo nei suoi primissimi istanti».
Durante gli esperimenti, in un acceleratore ad anello di 27 chilometri situato tra la Svizzera e la Francia, vengono fatti scontrare i protoni e l’energia dei due fasci è così alta da essere convertita in nuova massa: «I dati raccolti devono coincidere con un modello matematico che li predice. Lo scorso dicembre è successa una cosa inaspettata: è stata trovata un’anomalia nei dati che potrebbe indicare l’esistenza di una nuova particella ad alta massa».
Tra i grandi misteri c’è da capire cosa ci sia effettivamente nello spazio: «Dalle osservazioni, la materia che conosciamo spiega solo il 5% dell’energia presente nell’universo. Un 20% è materia oscura e il restante 75% è energia oscura: la loro natura ci è ignota. I segreti del cosmo sono numerosi: ci si chiede ad esempio che fine abbia fatto l’antimateria, creata in quantità uguale alla materia durante il Big Bang». Al Cern si celebra il valore delle grandi conoscenze sul mondo e per la direttrice Fabiola Gianotti, il fisico si avvicina all’artista perché cerca di superare la realtà che ogni giorno ha davanti agli occhi: «Mi trovo d’accordo con le sue parole: Fabiola è una persona squisita, preparatissima, disponibile e paziente. Il Cern è davvero in ottime mani – commenta Alberto –. Mi sembra di non aver mai lavorato un giorno in vita mia perché con quello che faccio ci si diverte molto».
Alcune scoperte del più grande laboratorio di scienza al mondo, hanno anche un impatto diretto sulla società: qui sono stati ideati il World wide web, i semiconduttori, i transistor e i navigatori Gps: «Mi viene in mente anche l’adroterapia: in campo medico si sono costruite macchine che sparando particelle a una determinata energia, riescono a distruggere con precisione alcune cellule tumorali».
Partito dal liceo scientifico di Caravaggio, il percorso accademico di Alberto inizia con la Normale di Pisa: «Sono stati anni entusiasmanti, immerso nello studio della fisica teorica a stretto contatto con grandi amici dalle menti eccelse: a me piaceva essere il peggiore della compagnia» dice sorridendo. Il primo passo verso la fisica sperimentale lo compie durante il terzo anno di corso, con un’esperienza estiva fuori Chicago al laboratorio Fermilab: «Due mesi dedicati a scrivere codici di giorno e a montare pezzi sui rivelatori per intere nottate; ho continuato sulla via della fisica sperimentale con la tesi, una breve esperienza in Giappone e un dottorato per il Mit di Boston: lì vai in ascensore e ti ritrovi al fianco due premi Nobel, gli studenti sono eccezionali e il sistema americano dà grande libertà nella scelta dei corsi; forse il mio rimpianto è l’averci passato solo un semestre, in compenso sono tornato per quattro anni a Fermilab con gente molto preparata, che tutt’ora ho la fortuna di frequentare».
Nel 2007 inizia a collaborare con il Cern attraverso un post-dottorato per Harvard: l’ateneo di riferimento cambia di due fermate di metropolitana, ma il nuovo esperimento sul rivelatore Atlas lo porta a Ginevra come responsabile del gruppo di Fisica Elettrodebole: «Dopo l’incidente accaduto all’acceleratore, si è speso un anno in riparazioni e si è finalmente partiti verso la fine del 2009. C’è una foto indicativa del momento: nella sala di controllo erano tutti allegri, io mica tanto; ero il vice-shift leader, e mi stavo preoccupando che Atlas stesse funzionando. Se qualche parte del rivelatore avesse avuto problemi, sarei stato una delle persone da crocifiggere. È andato tutto bene».
Da tre anni Alberto è tornato a fare spola tra i due continenti: «In America ci sto circa sette mesi all’anno. Vivo in una casetta con giardino a 20 minuti a piedi dal campus dell’Università del Maryland: passo la giornata a confrontarmi con gli studenti in laboratorio, a leggere articoli e produrre grafici con moli di dati enormi: ogni tanto mi sdraio per capire che caspita sta succedendo. Talvolta mi tocca fare cosacce di amministrazione. E poi c’è l’insegnamento: sono docente in prova di Fisica introduttiva e sperimentale per studenti del corso di laurea in Fisica e ingegneria; è un mestiere appassionante e per certi versi distruttivo; non è facile tenere sul pezzo una classe di 80 studenti per diverse ore».
Sta anche lavorando su un obiettivo di ampio respiro per il Cern: è un upgrade di una delle parti dell’esperimento Cms a Ginevra, un rivelatore che dovrebbe essere installato tra 10 anni e funzionare fino al 2035: «È un calorimetro che permette di misurare l’energia delle particelle trasformandola in luce; attualmente si sta cercando una tipologia di plastica capace di resistere per almeno 10 anni alle radiazioni che la bombardano negli esperimenti. Nei mesi estivi e per una parte dell’inverno torno a Ginevra; nel paesino della vicina campagna francese dove vivo ci sono più mucche che persone. Mi piace la tranquillità».
La nota svantaggiosa è che bisogna sempre essere disponibili: «L’ultima volta che ho fatto un viaggio di solo piacere è stato nel 2003 in Giappone. Durante l’anno mi capita di girare il mondo tenendo conferenze sulle ultime misure effettuate dai miei colleghi e me al Cern; nei viaggi magari ne approfitto per giracchiare le città. Sono stato recentemente in Svezia e Vietnam. La parola vacanza per me è tornare a Treviglio, passare del tempo con i miei genitori e riposare. Mi mancano molto, così come alcuni amici del liceo e i miei vecchi compagni di Pisa: sono tutti diventati ricercatori o professori sparsi per il mondo e quando abbiamo l’occasione di vederci siamo ancora sulla stessa lunghezza d’onda. Nelle poche ore di libertà mi diletto con fumetti e film giapponesi in lingua originale e suono la chitarra. Non esco molto, preferisco una chiacchierata in casa con gli amici». Dell’Italia dice: «Non mi manca di certo la burocrazia del nostro Paese e non riesco a smettere di leggere sui giornali le peripezie degli amministratori. Guardando al futuro, se tutto fila liscio tra un paio d’anni diventerò professore di ruolo nel Maryland, continuando in parallelo il mio lavoro al Cern».
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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