A Ginevra
contro le malattie
degenerative

Intraprendenza, il coraggio di rischiare e tanta, tanta volontà: sono queste le qualità che hanno portato Maura Parapini a lavorare oggi all’Ospedale universitario di Ginevra, dove è responsabile delle sperimentazioni cliniche al Centro della Memoria.

Originaria di Fornovo San Giovanni, cresciuta a Morengo, trentasei anni e una predisposizione per la ricerca scientifica, quando nel 2015 le è stata fatta la proposta di lavorare a Ginevra, Maura non ci ha pensato un secondo di più: è partita per la Svizzera sapendo che sarebbe stata un’opportunità per la sua carriera e la sua persona, senza lasciarsi spaventare dalle incognite del futuro.

La strada che ha condotto Maura a Ginevra parte dall’università, con la laurea a pieni voti in Psicologia Clinica e Neuropsicologia all’Università Bicocca di Milano. Dal 2010 ha lavorato al centro di Brescia «San Giovanni di Dio-Fate Beni Fratelli», un centro di eccellenza per le ricerche sulle malattie psichiatriche, dove Maura si è occupata di studiare le demenze degenerative e il morbo di Alzheimer, facendo ricerche cliniche e sperimentazioni con pazienti affetti da queste patologie. Un interesse, quello per la ricerca nelle neuroscienze, che nasce molto semplicemente da una curiosità che Maura ha sempre nutrito per la scienza e in particolare per il cervello. «Durante i miei studi universitari ho svolto un tirocinio all’ospedale Niguarda di Milano – racconta Maura –, lavorando sulle demenze degenerative, un ambito che mi ha sempre attratto. Il lavoro a Brescia mi ha permesso di proseguire per questa strada, approfondendo i miei interessi».

A Brescia Maura lavorava a fianco del neurologo Giovanni Frisoni, considerato uno tra i maggiori esperti mondiali della malattia di Alzheimer. Proprio da lui, la proposta nel 2015 di seguirlo a Ginevra, all’Hopitaux Universitaire de Geneve, per continuare il lavoro che già stavano conducendo a Brescia. Maura ha detto subito sì ed è partita senza timori. «Durante il primo anno ho continuato a mantenere il lavoro a Brescia, coordinando il gruppo di ricerca, per non abbandonare tutto di punto in bianco – spiega Maura –. Dal 2016 però mi sono concentrata al cento per cento sul lavoro qui all’ospedale di Ginevra aiutando il dottor Frisoni a creare la clinica del Centro della Memoria».

La clinica, dopo anni di duro lavoro, è stata inaugurata a febbraio di quest’anno: Maura è responsabile delle sperimentazioni cliniche. Gli studi che sta conducendo coinvolgono l’analisi di farmaci sperimentali su pazienti già affetti da demenze degenerative e da Alzheimer, ma non solo, perché la ricerca, come descrive Maura, si sta spostando sempre più in avanti, permettendo di intervenire anche in anticipo. «Stiamo svolgendo anche un lavoro sulle persone in buona salute che tuttavia presentano un rischio più elevato di sviluppare la malattia – spiega Maura –. Studiamo i biomarcatori, gli indicatori biologici che ci permettono di diagnosticare una patologia, per svilupparne di nuovi e anticipare sempre di più la diagnosi. Il centro è ancora in fase di sviluppo e pian piano cerchiamo di concretizzare tutte le nostre idee, ma ci vuole tempo e tanto impegno».

«Trovo quest’ambiente davvero stimolante – spiega –: quando sono arrivata nel 2015 in ospedale c’era già un servizio che faceva ricerca su questo tipo di malattie, ma posso dire che non era così strutturato come siamo riusciti a renderlo oggi». Un lavoro stimolante, svolto nell’ospedale più grande di Ginevra. «Mi sono ritrovata in una realtà completamente diversa rispetto a Brescia – continua Maura –: la struttura qui a Ginevra è davvero organizzata, posso accedere a dei macchinari più avanzati, non dal punto di vista scientifico, che è pari a quello di Brescia, ma per l’avanzamento della tecnica dei macchinari. Se fossi rimasta a Brescia avrei continuato a svolgere il mio lavoro tranquillamente, ma sicuramente mi sarei persa molto: non avrei accettato una sfida che mi avrebbe messo alla prova spingendomi in avanti».

Certo, trasferirsi a Ginevra non è stato un passo semplice per Maura, nonostante la sua intraprendenza. Uno scoglio che ha dovuto subito affrontare è stata la diversità linguistica: prima di partire non conosceva il francese, ma spinta dalla necessità di comunicare con i pazienti l’ha imparato. E poi l’impatto con la città di Ginevra, molto bella ma sempre in costante ricambio. «Ginevra è una città viva contrariamente a quanto si possa immaginare – descrive Maura –. Durante l’anno vengono organizzati tantissimi eventi culturali e anche in inverno c’è sempre qualcosa da fare: per esempio, mi sono adeguata e ho imparato a sciare. Con le persone però è più complicato, gli svizzeri sono meno socievoli, più chiusi, anche se non così esageratamente come si pensa. Certo, la popolazione è composta dal 50 per cento da persone straniere che resta per un po’ a Ginevra, per studio o lavoro, e poi ripartono per un’altra destinazione nel mondo: è un vero incubatore di talenti. C’è un ricambio costante ed è difficile trovare un gruppetto stabile di persone rispetto ad altri posti».

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