L'arlechì, servitore di due padroni
Il parco di via Capersegno si fa teatro e ospita una rivisitazione della commedia di Goldoni a cura de La Gilda delle Arti.
«Il servitore di due padroni» (1745) è una commedia di Carlo Goldoni, che per protagonista ha Truffaldino, un servo povero e sempre affamato che cerca di assicurarsi la paga e il pranzo con mille stratagemmi. Al centro della commedia troviamo Truffaldino, servo di due padroni, che, per non svelare il suo inganno e per perseguire il suo unico intento, ovvero mangiare a sazietà, intreccia la storia all'inverosimile, creando solo equivoci e guai.
Truffaldino è, come Brighella, Pantalone e il Dottore, una delle maschere che appartengono alla compagine della Commedia dell’Arte: si tratta dell’equivalente di Arlecchino.
«Il servitore di due padroni» è un'opera di intrattenimento, comica e divertente, che non pretende di insegnare nulla o rappresentare una situazione reale; è una fiaba teatrale, in cui colpi di scena, equivoci e stramberie si susseguono senza sosta.
I personaggi femminili hanno, come spesso in Goldoni, un rilievo tutto particolare: anche se non sono protagoniste assolute, intessono la trama e muovono l’azione. La vicenda intera si impernia sulla figura di Beatrice, giovane donna di Torino che, avendo perso il fratello, si traveste da uomo e si reca a Venezia alla ricerca del suo innamorato. L’unica conoscere la sua identità è l’altra giovane donna della storia, Clarice, che per amicizia decide di mantenere il segreto. Infine c’è Smeraldina, servetta che, con i suoi a parte e le sue astuzie, fa da controparte femminile al personaggio di Arlecchino.
Riprendendo la scelta già fatta da Strehler, anche La Gilda delle Arti decide di mettere in scena il copione di Goldoni con alcune modifiche: Truffaldino diventa Arlecchino, non solo per citare il grande esempio del regista, ma anche per un po’ di orgoglio patrio. Se è vero che il primo Arlecchino fu, probabilmente, Veronese (Tristano Martinelli), è indubbio che uno dei simboli della nostra città e della provincia è proprio la maschera della Commedia dell’Arte.
Con gli abiti a toppe a forma di rombo e la maschera da gatto, l’Arlecchino de “L’Arlechì” cerca di restituire un personaggio vivo, non solo un’icona del teatro tradizionale: nella vicenda, sia Arlecchino che Brighella non parlano il dialetto bergamasco del 1700, ma il dialetto contemporaneo di due attori di 27 anni, rispettivamente di Curnasco e di Verdellino. Anche per questo motivo, si è scelto di ambientare la vicenda in Città Alta e non a Venezia.
La base di riferimento è sempre il copione Goldoniano ma, proprio per rimanere nello spirito della Commedia dell’Arte, si è lasciata agli attori grande libertà nel reinterpretare e fare proprio il testo. Inoltre è stato ridotto per arrivare a uno spettacolo di circa un’ora e mezza.
Lo spettacolo è stato scelto dal Ducato di Piazza Pontida come rappresentativo della tradizione bergamasca durante il 36esimo festival internazionale della cultura e delle tradizioni
CAST: Nicolas Adobati, Nicola Armanni, Sara Arnoldi, Marzia Corti, Giovanni Fiorinelli, , Miriam Ghezzi, Daniele Tirloni, Stefano Tirloni
REGIA: Miriam Ghezzi
DIREZIONE ARTISTICA: Nicola Armanni
COSTUMI: Miriam Ghezzi, Federica Sanseverino