Invernale
Dario Voltolini, finalista della 41esima edizione del Premio Nazionale di Narrativa Bergamo, presenta il suo libro " Invernale" in dialogo con Carlo Dignola.
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Il protagonista della storia narrata, che è il padre della voce narrante (che si identifica con l’autore stesso, Dario Voltolini) lavora a stretto contatto con la morte. In quanto macellaio, vende al mercato di Torino. Taglia, separa, frange carcasse animali, e così facendo scopre le preziose ricchezze nascoste fra le entraglie: i rognoni, il fegato, le animelle, la cervella, i testicoli, che in gergo i carnezzieri chiamano, non a caso, i gioielli... E, così facendo, dà inizio alla storia narrata, che è, sì, la sua storia, ma è anche la storia del nostro essere mortali.
Tutto nasce, infatti, da un incidente sul lavoro: mentre sta sezionando lungo la spina dorsale un castrone d’agnello, urtato inavvertitamente il padre dell’autore quasi si trancia il pollice. Glielo salvano, ma a che prezzo?
È dal contatto col sangue morto della bestia che il sangue vivo dell’uomo viene contaminato? O è l’intervento che impedisce a ciò che di nemico è dentro il corpo dell’uomo di fuoruscire?
Questo libro è la storia di una morte che accresce il fuoco dell’amore. Dell’amore coniugale, certo, ma sopra tutti dell’amore muto di un figlio che finalmente trova parole. E che parole! Nulla di banale o di prevedibile. Frasi secche, termini tecnici, nessun timore ad enunciare pensieri sotto forma di cortocircuiti: vere e proprie pietre d’inciampo che obbligano il lettore ad ammirare, scoprendo che persino il morso del dolore si può ammirare, se l’arte lo distilla e depura.
Tutto si apre con la descrizione del lavoro di macellaio di ovini e avicunicoli ai mercati generali. Tutto il primo capitolo è preso dall’incalzare di questi gesti esatti nel vociare di fondo della folla che si assiepa e acquista. Sino all’incidente. Poi, in una casa borghese intenta ai riti del sabato, lo squillo del telefono. “No! Gino? No!” Gino era mio padre, spiega allora la voce narrante, sino a quel punto asettica, esterna, impassibile. E noi capiamo che il Prologo è terminato, che il coro dei clienti ha esaurito il suo compito e che Gino, come i protagonisti della tragedia greca, si trova ormai dinanzi all’Incognito, dinanzi al Male che è in sé.
Il confronto con la morte si annuncia all’occhio acuto del figlio attraverso minimi mutamenti, variazioni impercettibili che segnano una diversa consapevolezza del tempo, il tempo che ci è rimasto da vivere, e una diversa scala di valori, e questo da subito, da prima che i medici pronuncino il nome della sua morte, o che il cervello ne diventi cosciente. Il corpo sa. Ed ecco Gino scarnificare quelle carcasse quasi con la sacralità di un pontifex romano che sacrifichi a Giove. Eccolo cercare percorsi nuovi in una città mai veramente conosciuta in ogni sua piega.
E poi, ormai creatura fra due mondi, eccolo insinuarsi nei sogni del figlio. Perché tutto ciò che il padre fa in questi mesi resta archiviato “in un serbatoio nuvolare che chissà dove si trova, ma in cui quantomeno alcune immagini vengono accolte e salvaguardate. Infatti molti anni dopo queste immagini andranno a visitare sogni altrui e chi le sognerà non saprà distinguere tra sogno e fantasia o allucinazione”.
E questa prosa seccamente scandita, quasi a voler prendere le distanze non dai sentimenti bensì dal sentimentalismo, conduce alla fine, poiché noi viventi siamo destinati a morire.
La cerimonia di premiazione sarà condotta dal giornalista Max Pavan, responsabile informazione di BergamoTv e professionista appassionato di libri, che intervisterà i cinque scrittori finalisti. La serata si svolgerà sabato 3 maggio alle 18 presso il Teatro alle Grazie.