Paraflu, Migratori e Mut
In occasione del terzo ciclo di «Pensare come una montagna» le tre produzioni filmiche prodotte dalla GAMeC saranno presentate nel corso di una tournée, realizzata in collaborazione con Lab 80 film: appuntamento a Vedeseta, in Val Taleggio.

In proiezione alla Stalla Sociale di Reggetto le tre produzione filmiche prodotte da GAMeC.
Dopo la proiezione dei tre cortometraggi la chef Veronica Panzeri, esperta nell’uso delle erbe spontanee, accompagnerà i partecipanti in un interessante percorso alla scoperta delle ricchezze botaniche del luogo. Un incontro che stimola i sensi e unisce arte, natura, cucina e cultura del territorio.
Paraflu di Michela de Mattei e Invernomuto
La ricomparsa dei lupi in diverse zone d’Italia ha portato Michela de Mattei e Invernomuto ad analizzare la figura di questo predatore quale simbolo di indipendenza e conoscenza, conflitto e trasformazione. Paraflu si addentra e travalica i paesaggi delle Alpi Lombarde, alternando riprese in 16mm a effetti generati dall’intelligenza artificiale che amplificano il senso di spaesamento e ambiguità evocati dal lupo, alludendo altresì ai racconti del filosofo e naturalista Baptiste Morizot che descrivono l’animale come possessore dell’arte prestidigitatoria del depistaggio.
Migratori di Agnese Galiotto
Il lavoro di Agnese Galiotto si snoda lungo la rotta migratoria naturale che attraversa l’Italia e si estende sino al nord Africa, nei percorsi seguiti da molte specie di uccelli. Un corridoio di volo che connette diversi ecosistemi, sottolineando quanto questi fenomeni siano cruciali per la biodiversità e la sostenibilità ecologica delle Alpi e delle aree circostanti. Migratori si concentra sulla complessa interazione tra essere umano e natura, ma la narrazione suggerisce anche una riflessione sul rapporto tra osservazione scientifica e libertà animale.
MUT di Giulio Squillacciotti
l film racconta, attraverso l’esperienza di due giovani allevatori e dei loro genitori, la ciclicità della vita in alpeggio. Sin dal titolo — “monte”, in dialetto bergamasco — si evince il ruolo della montagna che, onnipresente, modella i ritmi e le esperienze di chi la abita. Nel film, tuttavia, questa resta sullo sfondo delle azioni dei giovani protagonisti: il formato quadrato del cortometraggio lascia spazio a inquadrature che ne racchiudono porzioni, guidando l’attenzione verso i dettagli e le interazioni fra i membri della famiglia, e quelle fra loro e gli animali. Una scelta stilistica che anziché limitare il respiro visivo immerge lo spettatore in una prospettiva intima, che rinuncia ai campi aperti, descrittivi, per raccontare il legame profondo tra la montagna e chi la vive.