Nous
La galleria d'arte Labooratorio31 di via Broseta ospita la personale di Alberto Elzi e Giacomo Scarpellini.
Dal greco antico, Nous è la facoltà di comprendere un evento o le intenzioni di un soggetto, è la capacità di acquisire immediata consapevolezza dell’avvenimento a cui si assiste, di capire gli intenti primigeni dell’uomo, al di là di ciò che si vede. Nous è l’intelletto, è l’intelligenza suprema, capace di sottoporre tutto al suo dominio. Nous riordina il caos, porta luce a tutte le cose, creando così il mondo.
La ricerca e il percorso artistico di Alberto Elzi si esprimono attraverso la matericità magmatica e la geometria rigorosa dei fili che disegnano orizzonti infiniti di linee nette. Nel lavoro scultoreo di Giacomo Scarpellini percepiamo il contrasto tra l’arte antica e contemporanea. L’estetica dei suoi lavori si lega indissolubilmente ad una tecnica e a un linguaggio espressivo tra i più antichi. La contemporaneità delle forme e dell’espressione si fonda sullo studio e sulle tecniche dell’antico, trovando il suo punto d’equilibrio. Il passato è vivo tanto quanto il presente.
Alberto Elzi fa rivivere le sue personali emozioni sulle superfici addensate e materiche delle tele. Il modo in cui legge e percepisce il mondo, fa affiorare i sentimenti e le idee si traduce in un processo sospeso tra pensiero e atto. Nei suoi lavori monocromi narra la vita dei pensieri dalla loro nascita sino alla loro morte. Nel trittico ‘Achrome’ il pensiero non è ancora materia, ma ha già una sua direzione e un progetto di forma. Questi quadri nell’intenzione dell’artista sono come “acerbi e bianchi embrioni silenziosi pronti ad assumere infinite geometrie e le sfumature dei colori più imprevedibili”.
Nel dittico ‘Blue Monochrome’ possiamo invece percepire un’evoluzione rispetto ai “bianchi embrioni” poiché non sono più un’idea di forma, ma divengono materia reale e concreta, in continuo mutamento, proprio come i pigmenti che Alberto utilizza in una sorta di processo alchemico capace di donare vita all’opera.
“Itaca”, che dà il titolo a una delle sue opere, è una ricerca tra colore, materia e capacità espressiva, grazie alla quale l’artista sente di poter esprimere se stesso. È un lavoro che prosegue nel tempo, è espressione dell’emotività dell’esecutore, cresce con lui, lo riporta costantemente a casa. In questo quadro e in altri ritroviamo l’uso dei fili che permettono di stabilire una connessione con l’osservatore, di generare relazioni umane, per andare ben oltre la tela. Giacomo Scarpellini trova la sua dimensione espressiva attraverso la scultura, una ricerca poetica legata alla riattualizzazione del rudere. Attraverso il calco dal vero e la tecnica della cera persa l’artista crea dei pezzi che sembrano avere una storia, sono dei ruderi, degli oggetti adatti ad uno studio archeologico dei giorni nostri. Ad un primo sguardo i suoi lavori possono sembrare opere antiche, ritrovamenti, pezzi di qualcosa che è sopravvissuto all’opera distruttrice del tempo. Nel momento in cui però si osservano queste sculture si capisce quanto siano contemporanee, quanto quello che viene rappresentato sia così familiare. L’artista utilizza dei materiali molto diversi tra loro, e che subiscono il passare del tempo in modo molto diverso: il gesso e il bronzo e effettua una ricerca per le basi dei calchi che in alcuni casi sono pezzi integri ma nella maggior parte sono anch’essi dei resti. L’artista definisce il suo lavoro come neoellenismo.