In una serie di scatti
fotografici Marta Fanasca, ricercatrice e docente a contratto presso
l’Università degli Studi di Bologna, documenta le questioni di genere e
identità non-normative nel Giappone contemporaneo. Il suo lavoro si concentra
sul fenomeno dei dansō (donna che pratica il crossdressing Female-to- Male).
Un’esperienza diretta per Fanasca che in Giappone ha lavorato come dansō.
La mostra è stata realizzata in
collaborazione con la Provincia di Bergamo, l’Assessorato per l’educazione alla
cittadinanza, pace, legalità e trasparenza, pari opportunità del Comune di
Bergamo, il Liceo Linguistico Statale G. Falcone ed il Liceo Artistico della
Scuola d’Arte A. Fantoni.
Il lavoro di Fanasca è stato reso possibile grazie al supporto economico e burocratico offerto dalla Japan Foundation. Lavorando insieme alla mostra il Liceo Artistico della Scuola d’Arte Fantoni e il Liceo Falcone si dimostrano attente alle nuove tematiche di genere. Il progetto nasce nell’ambito del Liceo Falcone, dove si studia giapponese, grazie all’iniziativa dei professori Comotti e Lovat e alla conoscenza diretta di Comotti con Fanasca. Il Fantoni Hub è parso lo spazio ideale, in centro città, per aprire un approfondimento su un tema tanto sconosciuto e i ragazzi della 3 indirizzo architettura e ambiente, guidati dalla prof.ssa Barbara Ventura del Liceo Fantoni, hanno pensato alla progettazione dell’allestimento: «Sono stati fatti studi in 3 D – spiega Ventura – e inoltre si è pensato ad elementi, quali dei veli, che potessero suggerire la delicatezza del tema. È stato un lavoro interessante per tutti e i ragazzi hanno risposto con sensibilità riguardo ad un tema che oscilla tra tristezza e delicatezza».
Parallelamente, con la guida dei proff. Comotti e Lovat, al Liceo Falcone è stata avviata una riflessione di natura antropologica grazie ad un convegno dal titolo: Dansō e gli stereotipi di genere, appositamente organizzato presso il Liceo per la comunità scolastica. Così formati, gli studenti e le studentesse delle classi di 5F e 5H guideranno il pubblico in visita alla mostra per raccontare il mondo dei dansō. L’immagine della locandina è riassuntiva di tutta la narrazione della mostra: due mani si stringono, ma una è adornata da un orologio a sfere che consente di misurare il tempo senza guardare il quadrante, rimanda al tempo a pagamento dei dansō.
Dansō è una parola giapponese che letteralmente significa “abbigliamento maschile”. In Giappone il termine viene utilizzato per indicare una donna che pratica il crossdressing Female-to- Male.
Un
dansō è quindi una donna biologica che si veste da uomo e si presenta con
un’identità di genere maschile e che, allo stesso tempo, non si riconosce né
identifica con parole come ‘transgender’ o ‘non-binary’.
Un
dansō vuole che si usino i pronomi maschili quando si parla di lui, si presenta
con un’identità maschile in tutte le sue interazioni quotidiane nella società
(o quantomeno tutte le volte che gli è possibile), spesso cerca un lavoro dove
poter performare un’identità di genere maschile. In questo cambio di identità
di genere, il vestiario, il modo di muoversi e di parlare sono tutte componenti
fondamentali per trasmettere la propria mascolinità e affrancarsi dalla
categoria “donna”.
L’intrattenimento
legato al mondo dansō in Giappone inizia intorno al 2005, tra boyband e locali,
ma soprattutto con le prime agenzie di dansō escorting. Un’agenzia di
dansō escort offre ad una clientela prettamente (ma non esclusivamente)
femminile la possibilità di avere un appuntamento con una donna crossdresser
Female-to-Male. Durante il tempo prenotato, il dansō può comportarsi come un
fidanzato innamorato, come un miglior amico, come un fratello maggiore. La
cliente sceglie il tipo di relazione che le piacerebbe instaurare e il dansō fa
il possibile per rendere l’esperienza soddisfacente e realistica. Anzi, più
che realistica, perfetta. Una realtà più bella della realtà.
È
possibile fare tutte quelle cose che si farebbero in un normale incontro con un
amico o un partner, ma è vietata l’intimità fisica.
Un
appuntamento con un dansō costa circa 40 euro l’ora e tutte le spese (cibo,
bevande, mezzi di trasporto etc.) sono a carico della cliente. Pur di
continuare ad incontrare il proprio dansō, le clienti sono disposte a fare
economia su altri aspetti della vita quotidiana. Una distopia sentimentale
dove le emozioni vengono performate e vendute per una tariffa oraria e
dove confini e binarismi
sfumano nella creazione di una identità ideale, nuova, che supera le divisioni di genere e gli stereotipi relazionali.
La
mostra si articola sui due piani del FantoniHub e della Sala Manzù, è divisa in
differenti sezioni.
Nella
prima, intitolata Ritratti, sono presentati i protagonisti di
questa mostra: i dansō. Ogni foto è accompagnata dalla risposta alla domanda
“Che cosa significa per te essere dansō?”
La
seconda è denominata L’arrivo delle clienti, qui si racconta degli
appuntamenti tra dansō e clienti.
Le
foto che seguono sono state realizzate negli istanti che precedono gli
appuntamenti tra dansō e clienti, quando i dansō si riposano o mentre si
preparano, altre invece immortalano il momento in cui i dansō scorgono la
persona che stanno aspettando.
La
terza sezione racconta il Dopo appuntamento. A differenza delle immagini
scattate prima, in queste i dansō appaiono visibilmente stanchi.
Un
appuntamento di solito dura dalle 2 alle 6 ore. Uscire con una persona per
lavoro, essere gentile, ascoltarla con attenzione, offrirle supporto emotivo,
mettendo da parte sé stessi e i propri bisogni, è un’attività estremamente
stancante, soprattutto se si protrae per lunghi periodi di tempo.
La
quarta parte della mostra documenta alcuni Appuntamenti. Le foto in
questa sezione sono state scattate durante due appuntamenti ai quali le clienti
hanno accettato che Fanasca partecipasse.
La
quinta sezione si intitola Dettagli. Per i dansō, abbigliamento e
accessori occupano un ruolo fondamentale nell’espressione di un’identità
maschile. Ogni dansō parla tramite ciò che indossa, affidando il proprio
messaggio ad uno stile individuale che possa esprimere la propria identità.
L’ultima
sezione è denominata Spazio privato. Le immagini in questa sezione
evidenziano il contrasto tra il corpo biologico femminile e l’identità di
genere maschile dei dansō. Si tratta di immagini estremamente rare in quanto i
dansō, per non incrinare l’immagine di mascolinità che si costruiscono,
raramente si mostrano senza vestiti.
Soltanto
il rapporto di fiducia reciproca instaurato dal 2011 con la ricercatrice le ha
permesso di essere ammessa in questo spazio privato.