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Egregio Direttore, ho letto sul quotidiano di ieri di ieri l'appello dei sindacati e delle RSA per un sostegno economico. Vorrei far presente un problema, a mio avviso più importante, che vivono in nostri anziani ospiti in RSA : la solitudine! Mia mamma , novantatreenne, è una Rsa della provincia e l'ultima volta che ho potuto abbracciarla è stato il 3 marzo scorso . Da allora solo telefonate e due incontri, il 2 giugno ed il 30 giugno, nel giardino ( per fortuna non pioveva) ad una distanza di circa 5 metri. Consideri che mia mamma non ci vede e ci sente poco anche se è molto presente! Incontri per alcuni versi frustranti. La direzione della Rsa dove è ospite mi fa presente che seguono le disposizioni della ATS e che in tutte le case di riposo le procedure sono le medesime. Visite sostanzialmente vietate! Mi ricordo che parecchi giorni fa il suo quotidiano riportava una frase del dott. Giupponi in previsione di un incontro con i rappresentanti delle RSA ; " delle aperture alle visite non se ne parla nemmeno! " Ma questi dirigenti vogliono che i nostri genitori, grazie a Dio sopravvissuti al covid, muoiano per solitudine? Forse non si rendono conto quanto sia importante per gli anziani la vicinanza dei figli, dei nipoti, dei parenti . La distanza può creare un senso di abbandono e da lì è facile cadere in depressioni irreversibili. Non riesco a capire , dopo che si aprono le discoteche e gli sport di contatto, perché i nostri anziani debbano rimanere nell'isolamento più assoluto. Pertanto le chiedo che il suo quotidiano affronti questo problema sollecitando gli organi competenti ad un'acquisizione di responsabilità e rispetto delle persone anziane . Grazie. ERMANNO DOLCI

Risposta

La situazione era già critica prima con le liste d’attesa, adesso è sicuramente ancora più critica. Le attività negli ospedali stanno riprendendo piano piano, ma con modalità diversa. Gli appuntamenti sono distanti perché fra una visita e l’altra bisogna fare la disinfezione degli ambienti, bisogna evitare gli assembramenti nelle sale d’attesa. Se una persona è autonoma deve andare da sola e non accompagnata. La soluzione migliore è contattare gli ospedali o le strutture dove era fissato l’appuntamento e verificare come si sta procedendo con la riorganizzazione del calendario degli appuntamenti. Se sono controlli per malattie croniche ma stabili non si può dire quale sia il tempo di attesa accettabile, perché ogni patologia è diversa ma soprattutto ogni persona è diversa. Il consiglio migliore è quello di contattare il medico di famiglia perché è la persona più adatta alla gestione del paziente cronico, ne conosce la storia in modo globale, può sapere se in quel momento è necessario un controllo più o meno ravvicinato e quindi stabilire sulla ricetta le varie tipologie di urgenza- Purtroppo anche quando il medico di famiglia stabilisce l’urgenza non sempre possono essere rispettate da parte delle strutture. È purtroppo un periodo in cui tutti stanno contattando i vari servizi e occorre un attimo di pazienza in più. Per ora non tutto è ripartito, in molti ospedali ci sono ancora pazienti Covid quindi c’è una separazione dei letti, dei percorsi, e la ripresa è grauale un po’ ovunque.

Ho dovuto prenotare un’ecografia e mi hanno risposto che l’attesa era di un anno, ma in privato 3-4 giorni. È peggiorata la situazione?

La situazione è rimasta la stessa, e tutti i servizi riguardanti il Servizio sanitario nazionale hanno avuto una nuova riorganizzazione e quindi le liste di attesa si sono allungate molto più di prima: in questo caso bisogna valutare con il medico curante se la patologia può aspettare 365 giorni, oppure se bisogna trovare un’altra soluzione, un’altra struttura o una urgenza sulla ricetta. Il Cup normalmente può aiutare a trovare una prenotazione magari in altre città, anche se bene o male la situazione non è così solo a Bergamo