Sprazzi di poesia nell’Italia che si rialza dopo la guerra
Una certa poesia «involontaria» del nostro miglior Neorealismo. Fatta della tanta povertà italiana di allora, di cose concretissime e insieme simbolico-evocative, di lavoro e di fango, di pane bianco come miraggio, dello starsene seduti con le gambe a penzoloni sopra un muretto ad aspettare, massimo dei passatempi, il passaggio sferragliante e fumigante del treno.