La Basilicata segna il 2 a 1, aspettando la sfida vera

ITALIA. Ha rivinto il centrodestra. Siamo al 2 a 1: dopo la conferma di Marco Marsilio in Abruzzo, anche il generale Vito Bardi resta seduto sulla poltrona di governatore della Basilicata dove nel 2019 lo collocò Berlusconi in persona.

Ha rivinto il centrodestra. Siamo al 2 a 1: dopo la conferma di Marco Marsilio in Abruzzo, anche il generale Vito Bardi resta seduto sulla poltrona di governatore della Basilicata dove nel 2019 lo collocò Berlusconi in persona. Al centrosinistra resta la consolazione della vittoria in Sardegna ma il vento che sembrava spirare dopo la vittoria della grillina Todde si è placato da un pezzo, non ha passato il Tirreno e in Basilicata proprio non lo hanno avvertito. Le Regioni governate dalla maggioranza di governo sono ora 14 su 21, e tra queste Forza Italia ne conserva – contando Bardi – ben cinque.

Un bel risultato per il partito dato per finito dopo la morte del suo fondatore. Antonio Tajani ha difeso Bardi con ogni mezzo dalla richiesta leghista di candidare un proprio uomo delle fila lucane: le urne hanno dato ragione al ministro degli Esteri che, stando ai dati a disposizione nella serata di ieri, colloca Forza Italia al 12 per cento in Basilicata, a metà tra il 16 di Fratelli d’Italia e il 7 della Lega. Quindi un viatico incoraggiante – stante la modesta dimensione del test tra Matera e Potenza – per chi spera di portare il partito azzurro al secondo posto della coalizione puntando sul carattere moderato e rassicurante, europeista e filo Nato, che Tajani ha impresso a Forza Italia tagliando qualunque vecchia tentazione populista.

E questo per quanto riguarda chi ha vinto che oggi festeggia. Adesso vediamo i guai di chi ha perso. Bardi ha vinto sul suo sfidante di sinistra Piero Marrese più o meno per una ventina di punti (sempre secondo i dati a disposizione nel momento in cui scriviamo, con le urne non ancora tutte scrutinate). Sarà un caso ma l’ex governatore di centrosinistra Marcello Pittella, la cui candidatura è stata rifiutata dal Pd, e il capo di una grande cooperativa di servizio Angelo Chiorazzo, rifiutato da Giuseppe Conte, insieme hanno raccolto suppergiù la stessa quantità di voti che sono mancati a Marrese per battere Bardi. Ciò vuol dire che se il centrosinistra fosse riuscito a siglare un accordo su un candidato davvero condiviso invece di dilaniarsi con veti reciproci sui singoli nomi, forse avrebbe avuto qualche possibilità di giocare la partita. Così non è stato e le divisioni tra grillini e democratici, tra Conte e Schlein, tra Roma e Potenza, tra Matera e Potenza hanno fatto il gran pasticcio e regalato al generale-governatore una larga vittoria.

È una storia già vista, la ripetizione di un copione in cui i due soggetti maggiori dell’opposizione giocano a chi arriva primo più che a battere il loro comune avversario, il centrodestra. Quando poi non si dividono al loro interno, come è successo – proprio in contemporanea con il voto della Basilicata – al Partito democratico dove negli ultimi due giorni ha fatto un gran chiasso la rivolta delle correnti interne contro la segretaria Elly Schlein e la sua dichiarata volontà di apporre il suo cognome all’interno del simbolo elettorale del partito.

Schlein ha dovuto fare marcia indietro dal suo proposito di ingaggiare una sfida a due con Giorgia Meloni («Il nome sul simbolo ho capito che è divisivo»). Ora si candiderà e, quando sarà eletta, rinuncerà al seggio europeo per restare deputata nazionale, una contraddizione che Romano Prodi in persona le ha apertamente rimproverato.

Conclusione: il centrodestra in questo turno si rafforza anche se la partita vera sarà quella delle Europee di giugno, e fino ad allora non c’è da sperare in un clima disteso; la proporzionale è fatta apposta per acuire la concorrenzialità tra partiti e leader.

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