I fatti veri da cercare tra like e propaganda

L’ANALISI. L’anno delle opposte narrative e della sconfitta della verità. L’anno in cui il lavoro dei giornalisti sarà ancor più messo a dura prova.

Guerre, crisi geopolitiche e appuntamenti elettorali di ogni genere complicano tremendamente oggi la quotidianità anche di chi è un semplice osservatore esterno. Figurarsi di chi vive quegli eventi in prima persona. La distanza tra mondo reale e quello virtuale si sta ampliando senza che, spesso, le opinioni pubbliche se ne rendano conto. È tutto un commento, è tutto un parere, è tutto un mettere dei «like» dopo aver letto distrattamente.

Ma scusate un attimo: quali sono i fatti? Quali sono le fondamenta di tali affermazioni? Quale l’autorevolezza di chi esprime tali posizioni? Quale la sua competenza?

Un tempo i mass media in Occidente fungevano da «filtro» e avevano il tempo di verificare le fonti prima di pubblicare; altrove erano o sono la base della censura.

Ma dato che nel XXI secolo Internet o i social media consentono per fortuna l’accesso a chiunque a qualsiasi cosa - a volte utilizzando dei software «vpn» per aggirare le barriere erette dalle autocrazie e dalle dittature – ecco che la produzione di falsificazioni e di mistificazioni è diventata ancor più strategica per chi vuole nascondere la verità.

Riuscire a districarsi in una situazione simile in cui tutti gridano – a torto o a ragione – e, di frequente, non sanno quello che dicono non è affatto facile. Ma non solo: l’intelligenza artificiale sta aggiungendo ulteriori ostacoli a chi vorrebbe cercare di capirci qualcosa. Ricordate la fotografia del falso arresto di Donald Trump?

Non tutti gli utenti hanno poi una preparazione specifica, fatta di studi e di esperienze, per distinguere le mezze verità e addirittura le «fake».

Lasciando ora da parte per un attimo coloro che perseguono fini non nobili (falsificatori e mistificatori), il livello della narrativa di persone o gruppi in buona fede ha certamente elementi soggettivi. Basti pensare agli spettatori di una partita di calcio seduti allo stadio in settori diversi, i quali discutono di un episodio da rigore dubbio senza avere a disposizione i necessari mezzi tecnologici. Tuttavia accertare con certezza cosa sia realmente avvenuto necessita di abilità non semplici da sviluppare.

Una volta parlando di un tale Paese - da noi studiato per decenni e in cui abbiamo vissuto, un collega giornalista ci gelò con: «Tu hai quella visione!». Ma cosa significa «visione»?

Premettendo che nessuno ha la verità in tasca e il dubbio insieme alla curiosità è centrale per cercare di conoscere il mondo, sono i fatti e gli eventi accertati scientificamente o perlomeno con un metodo efficace che portano le persone più esperte a raccontare qualcosa in un certo modo.

È così che sono stati scritti i manuali di storia; ed è così che i giornalisti seri tentano di stabilire la verità sostanziale dei fatti quotidiani.

Parte dell’opinione pubblica pare essersi dimenticata di tutto ciò. Per questo trovano terreno fertile i complottisti, i negazionisti e chiunque non voglia ammettere le proprie responsabilità.

Come è possibile che, a quasi quattro anni di distanza, Trump non riesca ancora ad ammettere davanti al suo elettorato che ha perso le presidenziali Usa nel 2020? Quanto a lungo dovremo continuare a far finta di credere che i missili nemici sono stati abbattuti dalla «nostra» contraerea, ma i loro resti sono finiti su obiettivi sensibili?

In conclusione, l’unica stella polare in questa notte buia è rappresentata dalle testate affidabili. Tutto il resto è meglio prenderlo con il beneficio d’inventario.

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