«Non ho rinunciato a sognare
e ho vinto la mia scommessa»

Strana la vicenda di Simone Locatelli, uno che da ragazzino non voleva diventare astronauta, ma si accontentava di trasformare in mestiere il suo grande divertimento, ovvero sgambettare per i campi di famiglia. «Voglio aprire un vigneto», spiegò un giorno ai suoi.

Strana la vicenda di Simone Locatelli, uno che da ragazzino non voleva diventare astronauta, ma si accontentava di trasformare in mestiere il suo grande divertimento, ovvero sgambettare per i campi di famiglia.

«Voglio aprire un vigneto», spiegò un giorno ai suoi, mandando di traverso il boccone a papà, che aveva previsto per lui un ruolo al suo fianco, come dirigente di fabbrica.

Ma Simone sembrava troppo piccolo per avere capito davvero cosa vuol fare da grande e, così, i suoi lo orientarono verso l'Itis di Sarnico, assai più adatto al suo futuro già scritto. Il biennio tra onde del lago, informatica e chimica, poi la scelta radicale di seguire la sua vocazione, ripartendo dall'istituto agrario.

Diploma di perito conseguito tre anni dopo e, in parallelo, l'apertura dell'attività, che gli permette di tuffarsi nel mondo del lavoro a diciott'anni, quando la maggior parte dei suoi coetanei è assalita da dubbi amletici di ogni tipo.

Il piccolo campo di famiglia, che un tempo rappresentava un semplice svago, si trasforma in qualcosa di serio, i cinquemila metri quadrati iniziali decuplicano in sei anni, per arrivare ai sei ettari di oggi, con tanti appezzamenti distribuiti per i colli di Chiuduno, che fruttano la produzione di cinque distinti tipi di vino.

Un'attività che funziona, alla faccia della crisi, con una cantina completamente ricostruita in chiave moderna e che ora è aperta al pubblico sette giorni su sette, con l'aggiunta dei blitz nei vari mercati aderenti a campagnamica. Simone Locatelli, la sua scommessa, l'ha vinta, ma non solo: ora è lui a dare lavoro a papà, che nel mentre è finito in mobilità in seguito alla chiusura dell'industria.

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