Stretta su fuochi e falò, ma la legge salva
quelli della tradizione

Norme e usanze . L’accensione non è da considerare attività riconducibile alla disciplina sui rifiuti se fatta per eventi popolari. «Patrimonio da conservare».

I «fuochi storici» sono salvi. Le limitazioni in materia di accensione di fuochi previste dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e dalle norme in materia ambientale non si applicano alle manifestazioni di rievocazione storica e della tradizione popolare. Le autorità dovranno comunque monitorare il rispetto delle norme vigenti, anche prevedendo le eventuali e necessarie prescrizioni a garanzia della sicurezza dei cittadini e dell’ambiente. Ma tutto il patrimonio di eventi popolari e di tradizioni legati all’accensione dei fuochi potrà continuare a svolgersi: dall’accensione del falò sul Monte Secco a Villa d’Ogna per Sant’Alberto, a tutte le cacciate di marzo e alla Scasada del Zenerù ad Ardesio passando per i falò della Sacra Spina a San Giovanni Bianco, fino a quello di San Giorgio a Valbondione, a quello della vegia la sera del 6 gennaio a Calvenzano e al falò a Ponte Nossa dove si brucia il Màs sul Pes a inizio giugno. E, fra i tanti, a Sotto il Monte quello del 28 ottobre sul colle di San Giovanni in ricordo di quelli accesi il giorno dell’elezione a pontefice di Papa Giovanni.

Fuori dalla disciplina sui rifiuti

Come comunicato martedì 10 dicembre alla Giunta regionale dall’assessore alla Cultura, Francesca Caruso, secondo la norma nazionale in vigore dallo scorso 1° novembre, l’accensione di falò non è da considerare attività riconducibile alla disciplina sui rifiuti se effettuata in occasione di manifestazioni di rievocazione storica o comunque di eventi attinenti ai rituali della tradizione popolare. «Prendiamo atto con favore – afferma Caruso – di quanto previsto da questa norma. Sul nostro territorio, infatti, esistono tantissime manifestazioni che, per tradizione popolare, prevedono l’accensione di fuochi. Adesso vi è certamente maggior chiarezza al riguardo».

Gli organizzatori di queste manifestazioni possono quindi tirare un sospiro di sollievo. «Sono decine i giovani che, già una settimana prima del Venerdì Santo, si dedicano a preparare i fuochi in diverse zone di Gromo – racconta Paolo Santus, uno dei volontari da anni coinvolto nella accensione dei fuochi del Venerdì Santo –: lungo il greto del Serio, in località Mulino, nei prati di Ripa Bassa e Ripa Alta e all’oratorio. Quando il Venerdì Santo la statua del Cristo morto esce dalla chiesa parrocchiale, questi fuochi vengono accesi uno dopo l’altro, man mano che la processione avanza. Una tradizione che affonda le sue radici in oltre 200 anni di storia».

Soddisfatti anche ad Ardesio. «Ogni anno – commenta Luca Bergamini, presidente della Pro loco, riguardo la Scasada del Zenerù – bruciamo il fantoccio il 31 gennaio, simbolo per scacciare l’inverno. La vecchia tradizione voleva si bruciasse, poi per un periodo si è tolto il fuoco e quindi è stato reintrodotto negli anni ‘60 per richiamare la tradizione e da lì si è sempre fatto. E si continuerà quindi a fare».

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